Più pubblichi meno ti vedo, meno pubblichi più ti leggo

Nell’era della sovrabbondanza del contenuto, ci sono finalmente – da parecchio tempo, ma sempre più insistenti – delle evidenze che ci consentono di dire che meno, meglio non è solamente un invito alla moderazione di senechiana memoria ma è qualcosa di molto più importante da tenere in considerazione.

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L’idea di fondo, che poi è perfettamente coerente con quanto abbiamo provato a spiegare affrontando in maniera non isterica l’armageddon della reach organica, è questa:

  • all’aumentare dei contenuti sulle piattaforme, le piattaforme medesime dovranno giocoforza diminuirne la diffusione. Per due motivi:
    • i contenuti sono sempre di più
    • le piattaforme ti vogliono far pagare

Questi concetti, che diamo per assodati, si scontrano con un punto cruciale di qualsiasi strategia di produzione dei contenuti data una determinata piattaforma: insomma, se sono su Facebook, devo pur pubblicare, no?

E visto che la reach organica diminuisce, devo pubblicare tanto.

Questa è la logica che è stata utilizzata per anni da tutti, ma proprio tutti. Solo che qualcuno si era accorto per tempo che le cose non stavano esattamente così.

Quante volte dovrei postare sui social? Quante volte su Facebook, per esempio?

Già nel 2015 (!) su Buffer scrivevano: non più di due volte al giorno. Per la precisione:

«When a brand posts twice a day, those posts only receive 57% of the likes and 78% of the comments per post. The drop-off continues as more posts are made in the day».

«Quando un brand posta due volte al giorno, quei post ricevono solamente il 57% dei like e il 78% dei commenti per post. Il calo continua se vengono pubblicati più post in quel giorno».

E allora perché, per esempio, le fanpage su Facebook dei giornali pubblicano a raffica? Perché pubblicano perché devono p…