Come si fa a far funzionare un crowdfunding?

Il tema della monetizzazione è una delle questioni cruciali che affrontiamo su Wolf, per quanto sia del tutto ovvio che, nel mondo in cui viviamo, essere capaci di monetizzare la propria idea, i propri contenuti, sia fondamentale.

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Una delle modalità che la rete consente di sfruttare al meglio è il crowdfunding. È così che abbiamo fatto il primo lancio di Slow News. È così che abbiamo lanciato Wolf. È così che si finanzia Valigia Blu. È così che The Correspondent è nato in Olanda e poi ha fatto il salto di qualità sbarcando negli Stati Uniti.

Quest’ultima affermazione meriterebbe un approfondimento a partire da una considerazione: The Correspondent (la versione inglese) ha fatto il record per un crowdfunding di un prodotto giornalistico senza aver pubblicato nemmeno un articolo.

Come è stato possibile?

Tanto per cominciare c’era l’esperienza in Oldanda. Ma capirai che un conto è fare qualcosa di locale in un paese dove hai una buona rete di conoscenze. Un conto è farlo in lingua inglese, a partire dagli Stati Uniti e raggiungendo decine e decine di abbonati in paesi diversi.
Dall’Olanda erano partiti dalla rete di conoscenze personali e dal fatto che uno dei due fondatori di De Correspondent, Rob Wijnbergra, era il direttore di NRC Next. L’altro, Ernst-Jan Pfauth, era a capo della divisione digitale di NRC Media e un blogger già noto in Olanda. Un buon posizionamento personale, una campagna di trenta giorni ben pianificata e soprattutto una chiara missione giornalistica, corrispondente al famigerato unique value proposition, avevano fatto raccogliere, già nel 2013, 1,2 milioni di euro per 17mila abbonati. Oggi, 5 anni dopo, De Correspondent ne ha 60.000. Ma questo non basta ancora per fare un lancio internazionale. Ecco la ricetta

  • Le idee chiare: Pfauth e Wijnbergra vogliono fare la versione inglese fin dal 2013 e infatti hanno da subito registrato il sito thecorrespondent.com
  • La pianificazione: i due si prendono il tempo che ci vuole e pianificano il progetto, mentre portano avanti la versione Olandese. Ci mettono 4 anni a decidere di trasferirsi negli Stati Uniti
  • Le relazioni e i primi finanziatori filantropi: il trasferimento negli States a novembre del 2017 fondamentalmente ha lo scopo di incontrare persone. Questo consente ai due di raccogliere 1,8 milioni di dollari di finanziamenti (di cui 900mila arrivano dalla fondazione di Omidyar).
  • Il modello chiaro: i soldi raccolti non servono per finanziare il giornale, che sarà interamente finanziato dai members. Servono per la campagna e per progettare l’interfaccia grafica, il paywall, le modalità di interazione, i tool. Finiti questi soldi, non ne prenderanno altri da finanziatori. Ecco perché gli servono i filantropi. Che, come abbiamo visto, si trovano.
  • Il manifesto e l’unicità: la dichiarazione di intenti di Pfauth e Wijnbergra è fatta di 10 punti, i dieci principi che descrivono ancora meglio e una volta per tutte l’unicità del loro progetto giornalistico. Non stanno facendo un generalista, non stanno facendo un giornale tradizionale, stanno facendo qualcosa di completamente diverso.
  • Le relazioni per la campagna: da novembre 2017, ci vuole un altro anno perché la campagna di crowdfunding venga lanciata. Nel frattempo, con il loro manifesto, i cofondatori lavorano a tessere una rete di relazioni che li porta ad avere più di 100 ambasciatori del progetto, in ambiti molto diversi fra loro. C’è Jay Rosen, certo, che fa parte del mondo del giornalismo, ma ci sono produttori di Hollywood (Hudd Apatow), musicisti (Rosanne Cash), comici e via dicendo
  • La profonda conoscenza del crowdfunding e dei suoi meccanismi: questi 100 ambasciatori servono a Ernst e Rob per diffondere la campagna di crowdfunding. I due sanno benissimo, infatti, che l’andamento della raccolta fondi con questi strumenti segue una curva di questo tipo

Cioè, parti forte perché chi ti conosce dona subito. E poi, boom,  devi affrontare un periodo terribile in cui sembra proprio che non ce la farai mai. Tant’è che un analista come Thomas Baekdal scrive, ad un certo punto, che qualcosa deve succedere, perché il crowdfunding di The Correspondent vada a buon fine.

Solo nel team di The Correspondent lo sanno già. Hanno 10 persone che lavorano a tempo pieno alla campagna e che si occupano di tutto. Tutto il materiale promozionale (video e contenuti scritti e grafici, user experience, tweet per coinvolgere il pubblico) è stato preparato per tempo. E per tempo sono state preparate anche le cose che dovranno fare la differenza, concentrate tutte sul finale della campagna.

E infatti hanno pianificato, dopo il naturale raggiungimento del plateau dei donatori, di andare in tv.
Il 6 dicembre del 2018 Jay Rosen, uno degli ambasciatori di The Correspondent, va ospite al Daily Show di Trevor Noah. Poi Rob è ospite della CNN e infine c’è un’ultima apparizione su The Young Turks.

Vuoi vedere cosa può fare la tv su un pubblico potenzialmente interessato? Ecco qui l’elaborazione grafica di Baekdal.

Impressionante, vero? I picchi generati dalla tv sono superiori ai picchi dell’hype di tutta la rete di persone, molto estesa, che stava già aspettando il lancio di The Correspondent.

Ed ecco i risultati in termini di denaro raccolto: la curva esplode.

Chiaramente, quel che diminuisce quando raggiungi un pubblico che non ti conosce ancora e ti scopre così è la donazione media.

Ti ricordo, a questo proposito, che The Correspondent si basa su un modello del tipo “paga quel che puoi”, quindi, teoricamente, si poteva diventare fondatore di The Correspondent anche pagando 1 dollaro. Nonostante questo, la donazione media si attesta intorno ai 49 dollari per oltre 45mila persone paganti.

Un successo clamoroso. Alla ricetta che abbiamo visto si aggiungono

  • design, realizzazione, testi, tono di voce coerenti
  • profonda conoscenza dei meccanismi di engagement e di coinvolgimento del pubblico (dalla progettazione dei tweet preconfezionati per invitare le persone a condividere il loro sostegno a The Correspondent fino al meccanismo di donazione/regalo, al muro dell’ufficio di New York su cui vengono scritti i nomi di tutti i membri fondatori)
  • valori chiari e comunicati
  • la capacità di prevedere e gestire anche problemi e di lavorare in termini di prevenzione, definendo chiare policy di azione se dovesse succedere qualcosa di imprevisto. Come raccontano loro stessi, infatti, si possono fare errori. Uno lo avevano fatto con una giornalista olandese, che ha fatto un tweet proprio durante la campagna, scatenando una piccola tempesta. Ebbene, il team ha reagito spiegando nel dettaglio che cosa fosse successo dal loro punto di vista scusandosi. Così.

Insomma, il famigerato tavolo delle competenze, cui si aggiungono anche la competenza del community management e una conoscenza specifica di quanto abbiamo visto fin qui, hanno portato al successo.

Di un prodotto che, dal lancio in Olanda a oggi, ci ha messo 7 anni a “esplodere”. La versione olandese è pienamente sostenibile. La nuova sfida che aspetta The Correspondent è la sostenibilità internazionale.