Spazi per Parole O_Stili

Nota: Pietro è già stato ospite di Wolf quando ha presentato l’iniziativa Parole O_Stili, che ha generato un’ampia conversazione, fra l’altro, nel gruppo di conversazione di Wolf, su Facebook. A proposito del manifesto e delle parole ho scritto sul numero 164 alcune considerazioni. Mi fa piacere dunque che possa esprimere nuovamente il suo punto di vista e il suo racconto dell’evento e delle sue intenzioni, sempre su Wolf.

___STEADY_PAYWALL___

Torno su queste pagine su invito di Alberto, che nella migliore tradizione giornalistica si è offerto di ospitare il mio punto di vista di responsabile dell’ufficio stampa di Parole O_Stili.

#Woodstock

Tanto è stato detto e scritto, se misuriamo con il tempo di internet è passata un’era geologica dalla manifestazione. Per chi apprezza la filosofia «slow» stiamo parlando dell’altro ieri. Parole O_Stili non è stato un momento epocale, non è Woodstock né hai mai voluto esserlo. È stata sicuramente una bella occasione di dibatto e di networking, per alcuni anche di personal branding. Ma da qui a pensare che con un Manifesto si possa cambiare il mondo, ce ne passa.

#personalismi

Alcuni nomi hanno più visibilità di altri, metterli in primo piano rientra in una normalissima logica di promozione dell’evento. Se ho la terza carica dello Stato, un famosissimo e controverso giornalista televisivo e un’icona pop (Boldrini, Mentana, Morandi), perché non dovrei puntare su di loro nella mia comunicazione su larga scala? È vero, non sono le tre figure tecnicamente più preparate a entrare nel merito del dibattito di Parole O_Stili. Ma è altrettanto vero che hanno portato molte persone a seguire evento e, di conseguenza, ad avvicinarsi a questi temi.

Dare a Parole O_Stili un taglio nazional-popolare è stata una scelta ben ponderata, che ha pagato. E che rifarei, nessun dubbio a riguardo. A tal proposito, mi è capitato di leggere che l’evento ha avuto poca visibilità sui media [non trovo elegante stare qui a elencare tutte le uscite ma, se vuoi approfondire, qui trovi una selezione].

Il momento di maggior visibilità sui media è stato probabilmente il servizio trasmesso dal Tg1 delle 20 al termine della prima giornata di lavori, che non accennava neppure minimamente a nessuno di loro né alle loro tesi. Prendere un paio di articoli de Il Piccolo – che improvvisamente acquisisce dignità nazionale – e farli diventare LA narrazione dell’evento è un’operazione ingenua o tendenziosa.

#gomblotto

Hanno partecipato a Parole O_Stili un’ottantina di relatori, ognuno dei quali ha avuto spazio per esprimere il proprio punto di vista. Sì, anche Laura Boldrini e la Polizia Postale. Che hanno detto la loro, giusta o sbagliata che sia, per poi sedersi ad ascoltare l’opinione degli altri. L’organizzazione non avrebbe fatto un buon servizio se avesse censurato degli interventi, né fa un buon servizio chi ne prende alcuni e li strumentalizza per descrivere l’evento nel suo complesso. Non è stata una manifestazione liberticida a conferma di chissà quali preconcetti o disegni di legge, è stato uno spazio di discussione. Come si legge sul sito, Parole O_Stili è «l’occasione per confrontarsi sullo stile con il quale si sta in Rete».

#escidaquestoblog

L’idea di fondo, poi diventata realtà, è stata quella di ospitare una grande varietà di punti di vista all’interno di un unico contenitore, a beneficio di un pubblico ampio che ha potuto assistere gratuitamente ai lavori, dal vivo o in streaming. Si è scelto di non creare barriere tra «gli esperti» e «il pubblico»: chiunque abbia partecipato ai lavori, sa che i relatori si sono fermati a lungo a chiacchierare, in un clima disteso e informale.

Quello che personalmente mi stupisce è leggere le critiche ad alcuni relatori parte di chi c’era e che poi, di fronte all’opportunità di presentarsi e entrare nel merito della questione con il relatore in questione, preferisce essere vittima della propria echo chamber, restando dentro la propria bolla e limitandosi a dialogare con i soliti amici del quartierino di internet coi quali ci si dà sempre vicendevolmente ragione.

#AndTheOscarGoesTo

Un’altra mistificazione è quella per cui Parole O_Stili è stato un palcoscenico per puntare il dito contro l’odio del web e giudicare i «buoni» e i «cattivi» della rete. Al netto della ricostruzione quasi disneyana, buona solo per una sorriso, chi c’era sa che si è parlato molto di web e di linguaggi ma anche che un’attenzione particolare è stata posta alle radici dell’ostilità. Che, a detta di tutti, sono esogeni rispetto alla rete.

#edittobulgaro

Parole O_Stili non è nato come un evento di specialisti per specialisti. Lo dimostrano le sale piene e il profilo di alcuni relatori. Lo stesso discorso si applica al «Manifesto della comunicazione non ostile»: non è un vademecum, tantomeno un diktat. È un invito a riflettere. Se poi lo prendiamo e lo applichiamo tout court al giornalismo (ma anche a qualsiasi altra cosa…), è evidente che non può rappresentare un modello assoluto per un’intera categoria.

Ma la domanda da porsi è: a chi si rivolge un documento di questo tipo? Coerentemente con l’evento, è rivolto a far riflettere il grande pubblico. Abbiamo sbagliato qualcosa? Avremmo potuto farlo diversamente? Abbiamo deluso le aspettative di qualcuno? Sicuramente. Chi lo giudica come uno strumento inutile, probabilmente non rientra nel pubblico generalista al quale si vorrebbe rivolgere il Manifesto.

#MartinLutero

È un Manifesto «a tesi»?

No, nel momento in cui i suoi princìpi vengono redatti a 100 mani a partire dalle centinaia di spunti giunti attraverso il sito web dell’organizzazione. I primi 6 princìpi dei 23 proposti sono stati selezionati in Rete, attraverso l’espressione di oltre 17mila voti. I successivi 4 punti, invece, sono stati scelti durante l’evento, per alzata di mano, dagli stessi 100 che li hanno redatti.

Sì, nel momento in cui la community di Parole O_Stili esprime dei valori comuni. È una distorsione dovuta in larga misura alle dimensioni della fan base che, trattandosi di una prima edizione, è per sua natura limitata. Anziché cristallizzare l’analisi – seppur legittima – sul Manifesto, credo sia più coerente con la manifestazione inquadrarlo come l’inizio di una discussione.

#Analytics

Ho letto sul gruppo Facebook di Wolf che durante i due giorni di Parole O_Stili sarebbero stati realizzati 5.5K tweet. Ebbene, non entro nel merito della bontà di questi numeri, ma mi sembra corretto presentarli per quello che sono: in quei due giorni abbiamo avuto complessivamente oltre 9k di utenti che hanno tweettato con l’hashtag #paroleostili, producendo complessivamente 19,6K tweet con l’hashtag. Durante entrambi i giorni, l’hashtag è stato in TT, con una reach potenziale di 12,1M di persone.

#camaleontismi

Parole O_Stili è stato il Manifesto, è stato Laura Boldrini, è stato la Polizia Postale. E forse è stato un flop sui social e sulla stampa. Ma è stato anche molto altro, chi c’era ne è ben consapevole. Quello che mi spaventa, sul lato umano più che su quello professionale, è leggere come ognuno prenda un pezzo di quello che è stato Parole O_Stili e, alla bisogna, lo adatti alle sue esigenze. In questo senso, ho letto tante cose diverse sul web: da parte di chi è venuto, ha esposto il suo punto di vista e continua giustamente a difenderlo; da parte di chi c’era, si è fatto pagare vitto e alloggio per sé e per la famiglia, e poi a seconda dell’interlocutore arriva a sputare nel piatto nel quale ha mangiato; da parte di chi non c’era e ne parla come se fosse stato presente. E anche da parte di chi ha scelto di non esserci ma ha passato il weekend su YouTube a seguire gli streaming. Se ci sarà una seconda edizione, venite. C’è spazio per tutti.