Professione Community Manager

Professione Community Manager: introduzione, teoria e pratica

Ciao!

Per prima cosa, spero che tu stia bene e che le pagine che stai per leggere ti siano utili. Se vorrai parlarne, sono a tua disposizione via mail: puoi scrivermi a info@slow-news.com.

Oppure, possiamo discuterne su questo documento condiviso: https://bit.ly/PCM-parliamone

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O ancora, possiamo condividere insieme alcune risorse sempre aggiornate, qui: https://bit.ly/PCM-materiale

Questo libro è per te, fra l’altro, se

  • hai una community che è partita in maniera amatoriale e promette bene
  • hai sentito dire che il community manager è il lavoro del futuro o, più semplicemente, pensi di avere le qualità che servono per fare community management e vorresti trasformarle in un lavoro
  • hai un’azienda, un prodotto, un progetto, un servizio e vuoi capire se ha senso aggregarci attorno una community
  • hai un’idea e pensi di poter servire una comunità di persone e magari, perché no, migliorare un po’ il mondo
  • devi gestire una community e non sai da dove partire
  • hai già gestito community e hai bisogno, comunque, di una struttura organica per continuare a farlo e hai bisogno di aggiornarti

Ho iniziato questo libro diverse volte, per la gioia di Massimiliano Lanzi che lo ha aspettato con pazienza: poi però è andata a finire, per tanti motivi, che lo pubblichiamo a puntate su Wolf.
Senza Massimiliano, comunque, quel che stai leggendo non esisterebbe e per questo lo ringrazio.

L’ultima stesura, quella definitiva, l’ho inziata mentre ero chiuso in casa con la mia famiglia in attesa di sapere cosa sarebbe successo dell’emergenza Covid-19 e l’ho finito nel bel mezzo dell’estate 2021. Un anno e mezzo dopo, a gennaio 2023, lo sto revisionando e aggiornando per questa ripubblicazione a puntate. 

Dunque, Professione Community Manager è frutto anche delle considerazioni che provengono da un’esperienza che ci ha investiti tutti quanti, dandoci un’esperienza condivisa di una situazione che non avevamo mai vissuto prima.

Spero che il risultato possa essere molto più di un manuale per fare un nuovo mestiere o per aggregare o gestire una community.

L’emergenza che abbiamo vissuto e che ora sembriamo cercare di cancellare ha messo in evidenza tutti i limiti e tutti gli elementi di forza che abbiamo come comunità umana: ci ha mostrato la nostra fragilità senza possibilità d’errore. E ci ha mostrato anche che cosa possiamo fare insieme, se lo desideriamo e se ciascuno fa la sua parte. 

Community è un termine che va di moda ed è sempre più di rilievo in posto dove la parola non ha una sua storia specifica per ragioni storiche, culturali e ovviamente linguistiche.
Personalmente, non ho problemi a chiamarle comunità, in italiano. Ma ho scoperto che è un termine che incontra parecchie resistenze.

D’altra parte, se utilizzi uno strumento come Google Trends per farti un’idea dei volumi di ricerca, scoprirai che l’interesse per la parola community nel nostro paese è in netto aumento soprattutto a partire dalla metà del 2020. 

In Italia abbiamo avuto in Adriano Olivetti un grande teorizzatore e un grande realizzatore di comunità. “Comunità” era il titolo della rivista che aveva creato e che dirigeva.

Movimento Comunità” era il partito politico (di orientamento federalista, socialista e liberaldemocratico) che aveva fondato. Tutto il suo progetto imprenditoriale, sociale e politico partiva dal principio secondo cui il profitto aziendale deve essere reinvestito a beneficio della comunità.

Comunità è una parola bellissima. Ma non è il caso di fare i nostalgici e non è vero che usare parole straniere è da snob radical chic (sic): anche community va benissimo. Purché non si nasconda – come spesso accade – dietro all’uso della lingua inglese l’ennesima parola di moda, progressivamente svuotata di significato.

Il progressivo interesse per questa parola che scopriamo attraverso ricerche come quella che ti ho mostrato su Google Trends suggerisce già l’utilità pratica di questo libro: prepararsi a una (anche se scopriremo insieme che questa tendenza, in realtà, non è nuova. Nuovi, se mai, sono gli strumenti con cui si può gestire).

L’obiettivo di questo manuale e la sua modalità li trovi ampiamente rappresentati in questa introduzione: mescolerò continuamente la teoria e la pratica. Ma, senza la prima, la seconda è mera esecuzione e dunque di poco valore.

Di solito, chi vuole più teoria non viene deluso da esempi pratici. Invece, la teoria delude chi voleva il foglietto per sapere come fare, la scorciatoia. Purtroppo le scorciatoie non esistono. E se esistono, diventano ben presto battute da tutte le persone che finiscono per fare tutte la stessa cosa, trasformando quella che pochi mesi prima sembrava una straordinaria novità in un cliché.

Qui cercherò di evitare i cliché e di offrire molti consigli pratici. Ma non fingerò che la teoria non sia semplicemente fondamentale. Per sapere come muoversi, per evitare di commettere errori evitabili, per migliorare.

Questo libro è frutto di anni di studio teorico, di applicazioni pratiche, di esperienze personali che ho fatto come membro a vario titolo di community, nel giornalismo e in altri ambiti, di curiosità per il lavoro di altre persone che fanno i community manager, di studio del concetto di community nelle culture inglese e statunitense. 

Comincia con un capitolo dedicato alle relazioni, con l’obiettivo di costruire una base condivisa, un punto di partenza empatico che ci consenta di dire che facciamo parte di qualcosa insieme: della community che si aggrega intorno a questo libro. Nel capitolo 2 c’è un po’ di storia e ci sono, per forza di cose, delle definizioni. Il capitolo 3 è dedicato alle persone: è da loro che si parte, sono loro l’essenza, la ragion d’essere di una community. Ma senza un motivo per stare insieme (capitolo 4), non si può parlare di community.

Nel capitolo 5 vedremo diversi tipi di community, tutti accomunati da una struttura base. Il modo migliore per lavorare quando si vuole provare a generalizzare è proprio individuare gli elementi comuni. Il capitolo 6 è fondamentale: si basa su un’esperienza (una community di persone che gestiscono community) e su una risorsa che esiste ancora online, il community canvas. Ne ho curato personalmente la versione italiana e lo puoi vedere qui, in questo schema. 

Il community canvas si può usare per progettare community o per gestirne di esistenti.

Dal capitolo 7 in poi ci occuperemo di tutti i segmenti da analizzare quando si parla di gestione di una comunità.

Il nucleo verrà esaminato nei capitoli dal 7 al 11: identità, brand, e valori, scopi e definizioni di successo. 

L’esperienza, invece, sarà esaminata nei capitoli dal 12 al 18: ingressi (12) e uscite (13) da una comunità, regole (15) e rituali (16), contenuti (17) e ruoli (18), esperienze condivise (19). 

La struttura, infine, ocuperà i capitoli dal 20 al 25: organizzazione e governance, canali e piattaforme, finanziamenti e gestione dei dati.

Infine, tireremo le somme. In ogni capitolo vedremo la parte teorica, qualche esempio, pratico, strumenti che si possono utilizzare per facilitare il lavoro. 


Buona lettura!

Nota: l’immagine di copertina è creata con Dall-e-2