Link building, internal link, external link e SEO: l’arte della naturalezza

Come si utilizzano veramente i link per la SEO?  Quali buone pratiche adottare e come fare a spiegare a qualcuno con cui progettiamo contenuti digitali dove vadano messi questi benedetti link? Proviamo così.

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Link esterni

Vale la pena di ripeterlo: linkare a pagine fuori dal proprio sito è una buona idea, non penalizza, non crea problemi. Ovviamente i link che «puntano» all’esterno vanno calibrati bene. Devono, essenzialmente:

  • rimandare a siti di qualità, fonti affidabili
  • migliorare l’esperienza utente
  • essere utili (per la navigazione, per approfondire, per attribuire correttamente una fonte e via dicendo)

Abbiamo già visto come utilizzare correttamente l’anchor text in questo caso.

Link interni

Lo vedi anche dal pratico manuale di Google: è previsto che ci siano link interni. È previsto, è ovvio, è sano, se la cosa viene fatta in maniera sensata e con una diluizione di link verso se stessi e verso terzi.

Attenzione: quando parlo di «diluizione», non parlo in alcun modo di formule precostituite. Si trovano spesso curiose regole tipo «metti solo tre link interni e poi mettine uno esterno» o cose del genere. Secondo me non hanno alcun valore. Metti i link dove serve.

Un esempio pratico? Può essere utile e interessante sia per l’utente sia per Google indicare chiaramente, a suon di link, quale pagina riteniamo fondamentale per una determinata keyword. Se gestisco TvBlog e sto già lavorando – mi auguro che il concetto di pianificazione a lungo termine sia introiettato da tutti coloro che lavorano sul web, non solo giornalisticamente, e su qualsiasi piattaforma, anche social – su Sanremo 2017, vorrò comunicare a Google che la mia pagina primaria è la categoria di WordPress (ovvero il mio «speciale», l’archivio che contiene tutti i temi. Qui parlo di WordPress perché TvBlog è su WordPress e perché WordPress resta il CMS più utilizzato al mondo. Ma vale per qualsiasi CMS, per qualsiasi pagina, per qualsiasi forma di archiviazione che si possa immaginare).

Quindi, se questo è il contenitore dove finisce tutta la produzione su Sanremo 2017, per esempio, allora può essere una buona idea che alcuni pezzi puntino a quella pagina-contenitore, utilizzando come anchor text parole chiave pertinenti e comunque inserite in una frase di senso compiuto.

Qui sopra un esempio. Avrei anche potuto iniziare il pezzo con «Sanremo 2017 – » o simili. Nota che utilizzo il campo title. Genera, come output, il fatto che quando si passa su un link che ha quel campo compilato, l’utente vede l’etichetta quando passa con il mouse sopra le parole in evidenza. Potrebbe sembrare solo un vezzo. In realtà è utile anche in ottica SEO.

Un altro modo intelligente per far crescere al crescere del proprio sito il numero di link che puntano alle nostre pagine senza che l’utente o Google si sentano ingannati è quello di utilizzare un sistema tassonomico (i.e. le categorie di WordPress) che prolifichi in maniera sensata e coerente con l’evoluzione del sito (per esempio, su un sito come TvBlog è assolutamente sensato che ogni edizione di Festival di Sanremo abbia la sua categoria apposita, Festival di Sanremo 2015, Festival di Sanremo 2016…).

Link naturali

Una delle cose più divertenti delle guide al link building che trovi online è la diatriba sul concetto di link naturali. Il punto, in realtà, è molto semplice: i link non devono sembrare naturali. Devono essere naturali.

La guida di Google è molto chiara in tal senso. Recita:

«Qualsiasi link mirato a manipolare il PageRank o il posizionamento di un sito nei risultati di ricerca di Google può essere considerato parte di uno schema di link e costituisce una violazione delle Istruzioni per i webmaster di Google. Ciò include qualsiasi comportamento che manipoli i link al tuo sito o i link in uscita dal tuo sito».

Chiaro? Limpido, direi. Quel che lascia davvero interdetti è che ce lo debba dire Google, che non bisogna fare cose che non rendano migliore l’ecosistema-web. Sempre nella guida, Google chiarisce anche cosa non bisogna fare. Non bisogna comprare o vendere link, fare schemi artificiali, far, esagerare con i post scritti da terzi in via gratuita che contengono link con anchor pieni di parole chiave… Insomma, Google scoraggia tutta una serie di pratiche tradizionali, che vengono utilizzate tutti i giorni. Dal p.r. che ti manda l’infografica chiedendoti un link a quello che ti offre 100 euro per un link do follow. (Abbiamo già visto il tema del nofollow e delle situazioni in cui utilizzarlo).

Perché Google lo fa? Perché risiede nella sua convenienza specifica. Se ci pensi bene, che i link che usi siano pesanti, utili, interessanti, conviene anche a te. Conviene anche a te, in altre parole, che il web non sia un immondezzaio di contenuti che rimandano ad altri contenuti in un loop infinito in cui di contenuti non c’è niente e ci sono solo contenitori che propongono la stessa minestra riscaldata.

Ma allora perché gli altri comprano link?

Mi sembra la classica domanda all’italiana, il classico ragionamento: va be’, lo fanno tutti, finché non mi beccano lo faccio anch’io. Può anche andare, se pensi sia giusto ragionare così. Poi però non lamentiamoci se l’utente non clicca più, se il modello adv è in crisi, se si fa fatica a trovare una modalità per comunicare correttamente, se il giornalismo non è più quello di una volta signora mia.

Link building

Quindi come faccio? Bella domanda. Anche qui, online, trovi un sacco di strategie proposte. Ci sono quelli che persuadono gli altri a linkarti, quelli che pagano, quelli che, in barba ai suggerimenti di Google, utilizzano schemi di link e via dicendo.

Se dovessi dirti quel che ho fatto io, nel tentativo di una visione di medio-lungo periodo anche sull’uso del link e del link building, nella gestione di siti con forti caratteristiche verticali, mi sono dedicato – e mi dedicherei ancora oggi, se ricominciassi da zero – a una sola cosa. Produrre contenuti che gli altri non hanno, laddove possibile. Nella massa, qualcuno che linka, anche di importante, lo trovi. È matematico, succede, succede sempre. Vale per i siti grandi, vale per quelli piccoli. Appena esci fuori dal circuito di quelle aziende in cui un giorno un consulente SEO ha detto: «Non linkare la concorrenza», ecco che qualcuno ti linka.

Mi è successo con un sito che è diventato grosso come Tvblog, mi è successo con un sito piccolo come quello sul Giubileo.

Fare in modo che il link building cresca coerentemente con il tuo sito è l’unico modo perché i link che ricevi siano coerenti con un uso utile all’utente e ai motori di ricerca. Ma è anche l’unico modo per far parte di un ecosistema igienico. Per piacere a Google che, ti piaccia o meno, detta le regole. Ma in questo caso, se ci pensi, è una regola che fa bene a tutti.

In un solo caso in cui i link che puntano al tuo sito o a siti terzi sembrano naturali. È il caso in cui sono naturali. Ed è l’unica strategia che si deve perseguire.