Wolf. 53

Management. Di cosa parliamo, quando ne parliamo?
Su l’Ultimo uomo, qualche giorno fa, è apparso  un articolo scritto in forma dialogica fra quattro tifosi depressi del Milan. Si intitola Psicodramma rossonero ed è una conversazione da bar tra quattro tifosi depressi. La lettura è utile per svariati motivi.
Prima di tutto ti dimostra che i contenuti online possono essere di vario genere, diversi e declinati secondo l’identità editoriale che un marchio si vuole dare. Per inciso, forse già lo saprai, ma l’Ultimo Uomo ha proposto alcuni esempi di native advertising da studiare, tipo lo speciale su Luis Suarez dal titolo Espiazione o quello su Gareth Bale, che si intitola Venuto dal futuro, o, ancora, quello su Mourinho, «Mou: il personaggio».
Tutti e tre sono long form, tutti e tre sono realizzati in collaborazione con una nota marca di articoli sportivi. Adidas. (Sì, faceva ridere non nominarla). Il che è perfetto anche in un’ottica di comprensione delle varie modalità con le quali si possono diversificare i ricavi (come prevede il modello di business per il giornalismo del futuro proposto da Wolf).
Tutti e tre i contenuti sono gradevoli anche graficamente, hanno qualche giochino al  loro interno (vedi quello su Bale, che forse rischia di cannibalizzare un po’ il contenuto) e si rivolgono a un pubblico che ama il calcio e lo sport e vuole anche sentirlo raccontare, leggerlo in un certo modo.
Ma questo riguarda i contenuti e il modello di business. Quel che volevo fare, qui, era fare una breve disamina sul concetto di management, offrendo, come cerchiamo di fare di solito, un punto di vista «laterale» e similitudini fra il mondo dei contenuti digitali e altri ambiti di lavoro. Pensare in maniera aperta anziché focalizzarsi sulle peculiarità della propria realtà più aiutare.
Insomma, in questo pezzo sullo psicodramma bianconero, quattro amici al bar, depressi, parlano del Milan (il cui futuro societario è ancora un rebus, mentre scrivo: Berlusconi vuole vendere ma non vuole andarsene. L’ego è sempre un problema). Ad un certo punto, uno dei quattro dice:

«Secondo me oggi non c’è nemmeno uno dei giocatori del Milan che sia contento di essere al Milan. In qualsiasi azienda se il morale è basso e la gente è triste, se il team lavora male, il problema è del manager. In qualsiasi ambito la gente lavora bene se è entusiasta di lavorare e si impegna tanto più si sente valorizzata e felice. Se lavori in un posto di merda, non ti impegni. I calciatori sono esseri umani, i soldi sono relativi, se non si impegnano è perché hanno attorno un sistema patetico».

Ecco, ci siamo. Dimenticati il Milan, dimenticati i contenuti, dimenticati tutto. Che tu abbia un’idea personale, un progetto di gruppo, che tu diriga un giornale e una società di comunicazione, questa è una delle filosofie di vita che dovresti applicare. Non è un discorso da guru o da libro d’autogrill.  Lavorare stanca. Lavorare bene perché motivati, valorizzati e entusiasti può anche rendere felici.
Probabilmente, anche nel management vale la semplicissima regola di mettere le persone al centro. Un po’ come i lettori. Solo che poi bisogna farlo, non basta dirlo.