CES 2017 e gli obiettivi sbagliati

Esagerare confonde. Ridimensionare esalta. Ecco perché la guida autonoma non è un obiettivo. E non lo è nemmeno la realtà virtuale. C’entrano le persone, come al solito.

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Ieri sera ho ascoltato la conference call dei due inviati di The Information al CES 2017. Per chi non lo sapesse, il CES, Consumer Electronics Show, è quell’evento a Los Angeles dove tutti gli anni si parla delle innovazioni tecnologiche. La prima edizione risale al 1967 a New York. Generalmente, la copertura che la stampa offre di questi eventi ha una serie di caratteristiche comuni che possiamo riassumere in: superficialità, entusiasmo, sguardo al futuro, totale mancanza di realismo. Del resto, il CES può apparire, ad un primo sguardo – superficiale, appunto – come una specie di enorme luna park del futuro.

Amir Efrati e Reed Albergotti hanno offerto agli abbonati di The Information un ottimo servizio, con uno sguardo laico – quello che piace a noi – al tema.

In particolare, mi piace soffermarmi, per gli abbonati di Wolf, sulla grande questione delle auto-che-guidano-da-sole, su cui abbiamo già detto parecchio facendo notare come la realtà sia molto lontana da quanto si vorrebbe raccontare.

Chiaramente, sono state (fra) le grandi protagoniste del CES di quest’anno. Ne parlano anche in Italia, chiaramente. E anche se l’inviato del Sole 24 Ore, per esempio, scrive, correttamente, «il tema dell’autonomous driving è dominante. Non tanto perché l’auto senza guidatore, volante e pedali sia in arrivo», poi si lascia un po’ andare a magnificare i prototipi di BMW e Toyota e via dicendo. Nel pezzo diventa molto chiaro perché a noi operatori della comunicazione e dell’informazione interessi molto questa nuova «piattaforma»: «offrirà nuove esperienze di mobilità, uso del tempo e accesso a servizi online di nuova generazione». In altre parole, chi sarà a bordo di queste auto potrà usufruire di nuovi servizi e contenuti.

Ma con calma.

Un prototipo Toyota di Macchine che Guidano Da Sole presentato al CES 2017
Un prototipo Toyota di Macchine che Guidano Da Sole presentato al CES 2017

Andando un po’ più in profondità, sembra invece di poter dire due cose, con un paio di corollari

  • le macchine che guidano da sole non sono affatto realtà e sono molto lontane dall’esserlo. Uno dei problemi principali, tanto per dirne una, è che appare sempre più evidente che non siano in grado di «guidare da sole» su strade che non hanno mai percorso prima e che non siano altamente sicure per auto che «guidano da sole». In altre parole, dovrebbero esserci solo auto che «guidano da sole» su strade collaudate, perché tutto vada come deve.
    • il corollario di questa evidenza è che è altamente probabile che le auto che guidano da sole non siano mai realtà. Il che non è necessariamente un male, come abbiamo visto parlando dei forecast del 2017 e degli algoritmi che dovrebbero decidere chi ammazzare in caso di incidente
  • la guida autonoma delle auto era, probabilmente, un obiettivo sbagliato. Già. Bisognerebbe ridimensionare questa narrazione e riportarla su un binario più corretto. Più «umano» e che metta davvero le persone al centro. Date tutte le difficoltà di implementazione, questa corsa surreale alla driverless car non ha davvero più senso. Come fa notare Josh Bersin, il fondatore di Bersin, andrebbe proprio cambiato il nome. Potrebbe essere, per esempio, augmented driving. Pensiamoci: guida aumentata. È più realistico. Lascia le persone al centro di un’attività per persone – guidare! Non se ne potrà fare a meno –.  «La mia macchina, per esempio, ha ottime funzionalità di controllo di navigazione automatica (rallenta quando la macchina davanti rallenta), per evitare incidenti (il sistema di sterzata e frenata) avvertimenti quando persone camminano vicino alla macchina e via dicendo. […]». Tutto questo è assistenza personale. «Probabilmente», aggiunge Bersin, «la guida completamente autonoma non doveva essere affatto l’obiettivo».
    • il corollario di questa che sta emergendo come evidenza riguarda anche altre questioni molto di moda. Come la realtà virtuale, l’intelligenza artificiale e via dicendo. Per fare bene alla vita delle persone, per rendere davvero utile la tecnologia, occorre pensare a strade che non siano alternative alla realtà o che si prefiggano di sostituire l’essere umano. Occorre pensare a strade che siano concrete.
      Ecco perché, per esempio, i chatbot conversazionali restano una chimera. Una chimera forse persino inutile, che non avrebbe mai dovuto essere un obiettivo. Ecco perché non ha senso continuare a pensare alle automazioni laddove l’intervento umano non può che restare necessario (vale per le cose «grandi» ma anche per quelle «piccole», come per esempio la correlazione di articoli online e il cosiddetto programmatic advertising. Ne parleremo domani).

È questo il bello di eventi – che purtroppo per ora copriamo a distanza. Ma chissà. Forse l’obiettivo di Wolf dovrebbe essere mandare un inviato al CES 2018? Vorrebbe dire aver raggiunto molti altri obiettivi – come il CES. Che se non ti fai confondere dai comunicati stampa, puoi trovare le splendide vie che la tecnologia e che noi stessi possiamo seguire per fare bene.

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Certo. Se poi ti fai confondere dai comunicati stampa, allora siamo già in un connected world fatto di robot e realtà virtuale e il futuro è, come al solito, disruptive e a portata di mano.