Wolf. 56 – Edicola Fiore

Se ami Twitter, dovresti ricordare per sempre il 4 settembre 2011. Quel giorno, Rosario Fiorello inizia a twittare la sua Edicola Fiore. Di fatto, un podcast via Twitter, in cui il popolare showman commenta i fatti del giorno, dal bar, sfogliando i giornali.
Da quel giorno, i vip italioti iniziano  il loro sbarco su Twitter e finisce il Twitter nostrano così come lo conoscevamo: si trasforma in un palcoscenico. L’ennesimo. Pur non avendone le caratteristiche intrinseche (ora, con l’algoritmo e le progressive modifiche apportate al prodotto, ci si sta avvicinando, purtroppo, ad essere l’ennesimo palcoscenico per prodotti).
Un paio di mesi dopo, Fiorello porta in televisione un programma che ha come titolo un’hashtag: #ilpiùgrandespettacolodopoilweekend (sì, era un po’ lunghetto). Fra il pubblico ci sono anche alcuni «utenti di Twitter». Probabilmente, il telespettatore medio di Rai1 del 2011 sta ancora cercando di capire che cosa fossero quelle persone e di che si parlasse.
La critica
Tant’è, Fiorello sfrutta Twitter, Twitter sfrutta Fiorello. Tutti contenti. O quasi. Alcune righe a proposito dello spettacolo, su Tvblog, a mio modo di vedere giustamente critiche (le ho scritte io), suscitano una reazione nervosetta da parte di Fiorello, le cui apparizioni televisive sono talmente centellinate – e accompagnate da un battage così ben orchestrato – da renderlo quasi un intoccabile per la cosiddetta critica.
Se c’è una cosa che ho imparato su Tvblog e con Tvblog è che la critica va mossa senza paura e senza peli sulla lingua. Se critichi gli intoccabili scatta la retorica del «rosichi». Tu te ne freghi e vai avanti, con coerenza e come un caterpillar. Il lettore medio, credi pure, apprezza.
Non gioco più
Ma torniamo all’Edicola Fiore. Ad un certo punto succede che Fiorello si becca una valanga di insulti dopo essere caduto in una bufala senza aver verificato una non-notizia (lo showman festeggia sul suo profilo la liberazione dell’attivista italiana Rossella Urru il 3 marzo 2012. Peccato che la notizia fosse finta: la liberazione sarebbe avvenuta solamente a luglio del medesimo anno) E per reazione, come nella migliore delle tradizioni delle reti sociali virtuali, lascia Twitter. Molla tutto, chiude l’account. Arrivederci e grazie. Anzi, non saluta neanche.
Eppure, almeno all’inizio, Fiorello aveva trovato un buon equilibrio sul social di microblogging e si era inventato un modo per starci. Un vero e proprio format. Come tutti i format, però, anche la presenza di Fiorello su Twitter e Edicola Fiore avevano bisogno di una profonda conoscenza delle dinamiche classiche di internet. Sbagli? Ti insultano? Stacci. Non c’è niente da fare.
Transmedialità?
Però, poi – altro grande classico dell’internet – Fiorello, che se n’era andato, ritorna. Edicola Fiore, che era partito in maniera naif e in qualche modo sembrava intercettare il vero senso di Twitter, diventa un prodotto amatorial-industriale, a propaggine delle operazioni radio-televisive di Fiorello e un concentrato di apparizioni di vip, vipponi, vippetti (da Amadeus a Salvo Sottile, fino a Maria De Filippi che addirittura, con una clip, invita uno dei personaggi ricorrenti di Edicola Fiore a partecipare a Uomini e donne). Passa una prima volta su Sky Uno, poi un giorno va addirittura su tutti i principali siti di informazione italiani (chissà con che utilità) facendo (il numero viene strombazzato ai quattro venti e giace anche sulla pagina dedicata di wikipedia) oltre «2 milioni di utenti». Apparentemente, Edicola Fiore è un enorme successo di pubblico e di progettualità transmediale.
Numeri in libertà
Per fare «2 milioni di utenti» sul web (non ci sono dati altri dati, quindi di fatto è un numero che non vale niente), Edicola Fiore ha come ospiti, il 12 giugno 2013,  Luca Parmitano, Jovanotti (in video), Biagio Antonacci, Negramaro, Max Pezzali, Claudio Cecchetto, Gianluca Guidi, Luca Barbarossa, Giovanni Vernia, Claudio Lauretta, Cicerone «Ciccetto» PAB, Renzo Rubino, Matteo Brancaleoni, Claudio Bonivento, Pinuccio, Giuseppe De Siato, e Emiliano de Martino. Non solo: va in streaming contemporaneamente su105.net, Ansa.it, Blogo.it, CheFuturo.it, Coolmag.it, Corriere.it, Deejay.it, Fanpage.it, LaStampa.it, Liquida.it,Davidemaggio.it, Daveblog.it, LiveSicilia.it, NonSoloSuoni.it, Repubblica.it, Resapubblica.it, Panorama.it, Radio24.ilSole24Ore.it, Rai.it, RobertoFerrari.tv, Roxybar.it, RTL.it, Sassilive.it, Streamago.tv, Streamit, Sky.it, e Youtube.com. Non c’è bisogno di aggiungere altro, immagino.
E oggi?
Il canale ufficiale di Rosario Fiorello su Youtube ha poco più di 54mila iscritti. Gli speciali dell’Edicola Fiore fanno qualche decina di migliaia di visite. Anche se hanno Carlo Conti o De Gregori o Emma Marrone come ospiti. Sono numeri bassi, molto bassi. Soprattutto se paragonati agli «Youtuber». Canali come quello di Cutie Pie Marzia hanno oltre 6 milioni di iscritti.
E Twitter?
Su Twitter, il primo profilo di Fiorello aveva oltre 500mila fan a marzo 2012. Oggi ha oltre 900mila followers. Che però, come abbiamo visto, non si convertono affatto in visualizzazioni.
La tv, di nuovo
Eppure, Edicola Fiore finisce di nuovo in tv. Ancora su SkyUno, in edizione allungata la mattina e poi in replica la sera (con montaggio). Ha una produzione televisiva, ben cinque autori e, consentimelo, non fa mai ridere. La prima puntata l’ho vista ieri apposta per Wolf, perché sapevo già cosa aspettarmi. Siamo ben oltre il programma omeopatico per ultreasessantenni fedeli a Rai1. La cosa più imbarazzante è il fatto che anche in tv, come sul web, anche se il formato consentirebbe – pur all’interno di un clima di cazzeggio – qualcosa di più, l’unica cosa che viene commentata dei giornali sono i titoli. Praticamente, come se fosse un programma d’elogio al clickbait. Su quei titoli Fiorello costruirsce indignazione di pancia (tipo: Italiani, ora vi tocca restituire gli 80 euro a Renzi, e giù imitazione di Renzi) e poi passa alla gag successiva, all’ospite, alla battuta (di solito da avanspettacolo) che viene dopo in scaletta (un paio di volte lo stesso Fiorello dà di gomito, dopo averne sparata una, proprio come si fa fra amici al bar, dicendo ironicamente: «Grande comicità eh»).
Per far capire il livello, a chiosa della notizia «Sanremo, marijuana al posto delle rose» Fiorello commenta: «Mettete dei fiori nei vostri cannoni». LOL. O no?
A contorno, il solito concentrato di personaggi improbabili che stanno lì a farsi riprendere alle spalle del conduttore (a volte, raramente, interagiscono con una surrealtà improbabile che sarebbe l’unica cosa da salvare ma che, purtroppo, non è Cinico Tv).
Il formato, insomma, muore definitivamente in televisione. E allora bisogna chiarirne la natura, perché poi è questo quel che ci interessa qui.
A differenza di un piccolo progetto da Youtuber, che richiede dedizione e cura, Edicola Fiore è stata un piccolo caso perché Fiorello era già Fiorello. Dopodiché, come dimostrano ampiamente i numeri, è rimasta un piccolo caso. Passata da Twitter alla tv senza fatica, ha perso – almeno, nell’ottica di chi si occupa analiticamente di contenuti – qualsiasi fascino. Ma genera interesse perché è interessante capire come questo fenomeno che sembrava nuovo non abbia fatto altro chje replicare meccanismi vecchi.
Siccome Fiorello è Fiorello, allora sembra che la transmedialità trionfi e che si possa fare così. Ma chiedi a un qualsiasi Youtuber se sarebbe contento di avere 50mila fan. Chiedi a qualsiasi tv se farebbe fare un programma a uno Youtuber con 50mila fan. Chiedi a qualsiasi tv se manderebbe mai in onda un programma così sciatto (sì, d’accordo, c’è questa idea delle riprese tremolanti con l’iphone, ok) se non ci fosse Fiorello.
La storia, di fatto, insegna che nel 2011 Fiorello scopre Twitter, ci gioca – alcuni vociferarono o malignarono che fosse brand ambassador di Twitter stesso – ma il suo unico fine resta quel che sa fare. Il mainstream nel modo in cui lo sa fare e che piace alle masse di Rai1 (e alle nicchie di Sky, ammesso che a quelle piaccia). Masse che, come si vede ampiamente, non si intersecano affatto con il numero dei reali fan di Fiorello su internet. Masse che non pescano a strascico fra altri utenti di Twitter (i quali, se mai, genuinamente avranno seguito Fiorello nella prima versione, riconoscendogli, come andava fatto, il merito di essere stato un precursore). Allo stesso tempo, il progetto di Fiorello è tenuto in piedi dal suo stesso ego (e infatti, quando lo offendono, se ne va): non è nient’altro che un colossale video selfie lungo anni. Solo uno showman così popolare e con un’enorme facilità nel trovare sbocchi nel mainstream se lo può permettere.
Lezioni da trarre
La convenienza specifica di Fiorello è di potenziare il proprio personaggio e di evitare la cosa più importante che ha portato (almeno da un punto di vista di facciata) Twitter nel rapporto vip-persone comuni: il confronto, anche duro. Perché se lo accetti, ti depotenzi.
Se tu hai un progetto video o transmediale, la case history dell’Edicola Fiore è senz’altro da studiare. Ma ricordati:

tu non sei Fiorello
se anche avessi un Fiorello con te, non è affatto detto che il solo fatto di averlo ti porti grandi numeri in poco tempo
non è detto che un personaggio televisivo faccia breccia su internet (e non è detto che gli serva)
non è detto che un personaggio televisivo che ha avuto una buona intuizione sappia affrontarne serenamente anche le conseguenze negative. Tu non puoi permettertelo: devi saperlo fare
il modello di un progetto transmediale deve essere a crescita lenta, non accadrà mai che un tuo progetto susciti un interesse iniziale con un picco enorme (come accadde per Edicola Fiore). E se dovesse succedere, non ti ci cullare perché devi rendere quel picco iniziale sostenibile
non puoi e non potrai mai permetterti di realizzare un prodotto sciatto (in realtà non dovrebbe poterselo permettere nessuno)
tu non sei Fiorello (repetita iuvant)
lascia perdere l’ego: è un problema enorme
un vip può fregarsene di quanti lo ascoltino veramente e di cosa voglia dire «fare due milioni di utenti». Tu no
quando fai un progetto crossmediale, non farlo come se ti facessi un selfie: forse a qualcuno può interessare il selfie di un vip. Ma il tuo, davvero, sarebbe soltanto l’ennesimo.

Wolf non riesce a trovare quel che stavi cercando