La messaggistica effimera e la scomparsa delle conversazioni

Nel canale Telegram di Durov, il 27 marzo 2019 è apparso un lungo messaggio in cui il fondatore del sistema di messaggistica ha annunciato un profondo cambiamento dell’applicazione, cui è seguito un sondaggio partecipatissimo.

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Il cambiamento è questo: in qualunque momento, puoi cancellare qualsiasi messaggio di una chat. Anche per gli altri.

Si tratta, sostanzialmente, di un passo gigante nel mondo della messaggistica effimera.

Il sondaggio, per il momento, ha un andamento altalenante ma va tenuto d’occhio.


La strada scelta da Durov e da Telegram è una strada che è già stata annunciata anche da Zuckerberg in Facebook ed è veramente estrema.

Mettiamo che io abbia con te una conversazione privata su Telegram. Mettiamo che io non voglia che tu abbia traccia della conversazione. Cancello tutto. Telegram – qui, come si dice famo a fidasse – dice che cancella tutto pure lui. A meno che tu non abbia salvato in qualche modo la conversazione (copia-incolla? screenshot?) non l’avrai più a disposizione. Potrei addirittura aver negato di aver scritto quelle cose.

In un certo senso, è come se la nostra conversazione digitale scritta diventasse, sebbene mediata da una piattaforma tecnologica, molto più simile a una conversazione orale che potremmo avere in un bar. O al telefono. A meno che tu non registri tutto quel che fai e dici con le persone che incontri, quella conversazione non sarebbe più, in alcun modo, ricercabile, ritrovabile.

Invece, quel che è successo fino a questo momento con tutte le noste conversazioni mediate dal digitale – mail, messaggi – è che sono di fatto archiviate. Sia per le piattaforme sia per le persone con le quali ci siamo relazionati e rapportati.

La messaggistica effimera non è una novità assoluta (ci sono già sistemi che consentono di far sparire un messaggio dopo un po’. Le Stories di Instagram – prima ancora il formato di contenuti di Snapchat che è stato clonato – sono ad orologeria, a meno che tu non le salvi. E persino i dati di misurazione sono a orologeria: su instagram scadono dopo 14 giorni, per esempio).

Il che ci porta a considerare una serie di cose in merito e a farci un po’ di domande.

  • esiste davvero la privacy del mio archivio di conversazioni digitali?
  • esiste una scadenza di quell’archivio o di quei concetti che ho espresso per iscritto usando piattaforme tecnologiche?
  • ha senso avere il diritto di cancellare anche l’altra parte della conversazione? le cose dette dal mio interlocutore?
  • in che modo potrò rivendicare un’idea, se questa è venuta fuori, per esempio, in una chat, se il mio interlocutore può cancellare integralmente l’archivio?
  • in che modo potrò ricostruire una conversazione, se questa conversazione mi ha danneggiato?
  • in che modo potrò risalire a chi ha mandato un messaggio?
  • è vero che le piattaforme come Telegram cancelleranno tutto?

Qualche settimana fa, Sam Lessin ha scritto un pezzo molto interessante su The Information, a proposito di Facebook e della messaggistica effimera.
Grazie al fatto che hai un abbonamento a Wolf e che siamo abbonati a nostra volta a The Information, puoi leggere il suo pezzo gratuitamente, cliccando qui.

Secondo Lessin, l’effimero in messaggistica non ha niente a che vedere con la privacy e comporta, anzi, una serie di rischi (la traduzione e le considerazioni sono del sottoscritto)

  • L’effimero crea il rischio serissimo di conversazioni private non verificabili in una scala non misurabile

Perché è rischioso? Perché la prossima sfida sulla disinformazione si svilupperà – anzi, si sta già sviluppando – sulla messaggistica privata. Tenerne traccia è tutto ciò che ci consente di individuare eventuali reti di malintenzionati e ci dà il potere di chieder conto di quel che viene detto e delle azioni compiute nel tempo. Se tutto è effimero, tutto è negabile. La questione non può essere banalizzata riguardo alla semplice conversazione fra me e te ma deve tener conto dell’uno-a-molti, del pochi-a-moltissimi.

  • l’effimero espone alla sfida della proprietà dell’informazione, che non risolveremo

A chi appartiene un’informazione, se posso cancellare un’intera conversazione fra me e te in cui magari abbiamo parlato di qualcosa che poi usiamo per lavoro? O per un rapporto reciproco?

  • l’effimero è impossibile da garantire e pericolosamente fuori sync rispetto alla realtà della tecnologia

Come scrivevo, ci fidiamo di Telegram, giusto? Facciamo finta che sia vero che non conserverà da nessuna parte le mie conversazioni. Ma è una cosa che non può essere provata. Il costo della conservazione dei dati continua a scendere, così come scende il costo algoritmico per la lettura dei medesimi dati, e quindi la possibilità di registrare tutto quel che sto facendo non farà che aumentare.

Sulla carta, insomma, questa mossa di Telegram – che probabilmente anticipa solamente la prossima mossa di Facebook – è molto interessante perché ci costringe a ripensare interamente il nostro modo di interagire attraverso le piattaforme.

Ma nasconde una serie di problematiche che probabilmente, se le piattaforme stesse decideranno di implementare questa funzione su larga scala, rappresenteranno una delle sfide del presente e del prossimo futuro.

Tutto questo accade mentre l’Unione Europea approva una direttiva copyright pessima, già obsoleta la mattina dopo. Pensa, a fronte di questo possibile cambiamento epocale del modo in cui ci relazioniamo usando le piattaforme digitali, quanto poco possa contare il concetto di copyright e quanto sarebbe bello, invece, poterci occupare del presente e del futuro. Pensa a quanto bisogno ci sarà, sempre di più, di lavorare a contenuti autentici e duraturi. Pensa a quali sfide ci perdiamo mentre perdiamo tempo a ragionare su problemi ottocenteschi con strumenti novecenteschi.

(AP)