Fabula 4 / Facciamo che ero

«La spinta a progettare – considerare una situazione, immaginarne una migliore, agire per crearla – risale alla preistoria». Così Ken Friedman descrive e spiega il design nella prefazione a una collana del MIT dedicata al «design come processo». In questa collana c’è un libro prezioso e gradevole: «Design, when everybody design» di Ezio Manzini, professore del Politecnico e ricercatore specializzato in sviluppo sostenibile e innovazione sociale. Manzini spiega molto bene, e con gran dovizia di esempi, perché comportarsi come un designer senza averne i titoli o il curriculum non è un millantato credito o un’usurpazione.

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Tutti siamo capaci di considerare una situazione e di immaginarne una migliore, il designer agisce per crearla. Un designer professionista lo fa per gli altri, tutti noi lo facciamo per noi stessi o in situazioni in cui vediamo un modo per farlo. Un umano che smette di agire per migliorare la sua situazione, possiamo dire, smette di essere umano: si spegne, si zombizza, usa tutte le sue energie per lamentarsi e non per liberarsi di ciò di cui si lamenta.

Questo è un metodo per smettere di lamentarsi e iniziare ad agire anche se pensiamo di non saperlo fare. In questo percorso a caccia della nostra Fabula ci troviamo di fronte a un momento particolare, quello in cui, dopo aver smontato in pezzi il più piccoli possibile il mondo che stiamo analizzando dobbiamo rimontarlo, e pazienza se restano fuori dei pezzi. Anzi. Per rimontarlo il modo più efficace e piacevole che conosco è l’uso delle metafore. Continuiamo con l’esempio del giornalismo enogastronomico: guardando la nostra mappa proviamo a trovare una metafora per dire cos’è adesso – una grande abbuffata? una pentola a pressione? uno zoo? – e cosa dovrebbe diventare – un menu degustazione? una slow cooker? la savana?.

Trovare due metafore per indicare dove sono (la mia situazione) e dove voglio andare (una situazione migliore) è il primo punto fermo che mettiamo nella nostra azione di creazione di una situazione migliore.

Io, per esempio, considero la mia attuale postazione di lavoro una palude e vorrei che fosse uno zaino. Non c’è bisogno di spiegarlo, vero?

(MdB)

[L’immagine in copertina è di Tim Gouw]