Che Story!

L’abbiamo detto più volte: l’idea di Snap(chat) ha vinto.

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Il formato delle storie, clonato da Zuckerberg, sta diventando, dopo un anno e nove mesi, sempre più richiesto.

Ci sono pubblicazioni che ne fanno un uso straordinario per disseminare anche con quel formato i loro contenuti (personalmente sono diventato un consumatore seriale dello Snapchat e dei vari Instagram di NatGeo in tutte le sue declinazioni).

Ci sono clienti che, quando si affidano a creatori di contenuti, chiedono espressamente la realizzazione di stories su Instagram e vogliono poter vedere le previewdecidere di quanti segmenti dev’essere composta ciascuna storia e via dicendo.

Se non sei particolarmente a tuo agio con questo formato – come me fino a qualche tempo fa – l’unico consiglio è: giocaci senza paura. Non succede niente.

Dopo averci giocato un po’ ho capito che tutto quel che mi rendeva rigido, che mi bloccava, era frutto del mio percepito e della mia convinzione che non mi sarei trovato a mio agio con quel formato: mi sentivo limitato, in particolare, dal modo in cui lo vedevo usare da altri.

Inquadrature brutte, inquadrature su sé stessi, foto con grafiche orrende e via dicendo.

Quel che mi turbava era il brutto. Non il formato.

Piano piano ho capito che dovevo semplicemente riadattare quel che sapevo già fare – comunicare con i video – a questo formato particolare. E ho iniziato a considerare le storie come se fossero dei fumetti transmediali.

Ciascuna storia può essere composta da vari segmenti: è ormai uno standard. Li trovi in alto sullo smartphone. Puoi passare da un segmento all’altro con un tap.

All’interno di un segmento ci può essere un’immagine fissa, grafica, un video: quello che metti in un segmento occupa l’intero schermo dello smartphone da cui si fruisce la storia.

L’idea alla base del fumetto transmediale è quella di immaginarti ogni tipo di oggetto grafico-fotografico-video che puoi inserire all’interno della story per fare quel che deve fare una storia: raccontare.

Quindi ho cominciato a fare proprio così: a visualizzare una story immaginando ogni singolo segmento come se fosse l’unità minima di un fumetto (passami la semplificazione: lo so che ci sono fumetti che hanno tavole interamente disegnate, divise in strisce, in vignette con o senza canaletti, con illustrazioni che escono dal canaletto e via dicendo) e a immaginarmi quali informazioni devono essere contenute in quel segmento per far progredire il racconto.

Ma non è tutto: puoi vivisezionare anche i segmenti, per dire, e «spaccare» il formato minimo a tuo piacimento, uscendo dalla gabbia del video verticale.

Il punto è proprio che questo formato è appena nato (nonostante Snapchat abbia già i suoi annetti) e c’è spazio per sperimentare e creare.

La cosa interessante non è solo la libertà creativa che hai nell’uso del formato delle story, ma anche il fatto che puoi farle con mezzi di fortuna (nessuno ti vieta di realizzare una story nella maniera più intuitiva e immediata, quella che a me sembrava respingente: camera dello smartphone in soggettiva o puntata su di te e via) ma puoi farle anche con mezzi broadcast. Quel che metti dentro alla story dipende da quello che puoi permetterti in termini di attrezzatura, di materiali, di tempo.

Girovagando fra le applicazioni che ti consentono di maneggiare le story ho capito che mi sarebbe servita una app che si chiama CutStory. Siccome ogni segmento della story su Instagram non può essere più lungo di 15 secondi, è utile per fare dei tagli al volo (si paga se non vuoi il logo di CutStory sui video che ottieni tagliando).

Poi ho usato Adobe Spark Post. Purtroppo non gestisce i video, ma per le immagini è davvero ottima. Ha una serie di template preconfigurati, ti aiuta a tagliare le immagini con le dimensioni giuste non solo nel 9:16 delle story ma per una quantità di altri formati non standard (copertine di Facebook, immagini per Twitter e via dicendo). Puoi rendere animate le immagini con animazioni semplici (dissolvenze, zoom, movimenti interni alla foto) e fare lo stesso con la grafica e le scritte. Inoltre l’applicazione individua le dominanti di colore all’interno dell’immagine e ti propone le palette di colori per scritte e sfondi.

Hype Type funziona per video che pensi di girare con il tuo smartphone. Ti permette di registrare e stoppare quante volte vuoi fino a creare un video da 15 secondi (attenzione: non manterrà la divisione in segmenti). Sul video puoi poi agire inserendo scritte animate.

Infine, grazie a una conversazione sul gruppo di Wolf (tutto nasce da un cliente particolarmente esigente che vuole il controllo su una story), mi sono imbattuto in Planoly, suggerito da Anna Corraini È un pianificatore di post su Instagram che consente anche di schedulare e pubblicare automaticamente (unica applicazione a farlo, stando a quanto mi risulta, rispetto a questo social). Consente anche, nella versione a pagamento, di realizzare story. Planoly è utile anche per realizzare story (o post) che vuoi mostrare in anteprima.

Tuttavia, mi sono presto reso conto che se vuoi mantenere la gestione in segmenti della story devi per forza caricarne un pezzo dopo l’altro. Quindi bisogna essere molto ordinati con il materiale che si gira o si fotografa o si «grafica».

Infine, le story hanno una caratteristica: consentono anche elementi interattivi nativi. Per esempio, hashtagmenzioni. Ebbene: per il momento non c’è alcuna app che io abbia trovato (nemmeno Planoly) che li gestisca, così come per i segmenti. Questo significa che se hai la necessità di inserire questi elementi dovrai ricaricare il materiale e usare le funzioni native, per esempio, di Instagram.

Il primo di maggio (due giorni fa), Facebook – cui si deve non solo la clonazione dell’idea di Snapchat ma anche la sua diffusione mainstream (attenzione: ci sono cose che Facebook testa e che non funzionano. Quindi non è che l’idea diventa mainstream solo perché giace su Facebook che ha tanti iscritti. L’idea diventa mainstream prima di tutto perché funziona!) – ha rilasciato una nuova versione del sito business di Instagram dedicato alle storie. È una risorsa interessante se vuoi imparare sul serio a usare questo formato.

Il concetto che passa è proprio: ehi, guarda, non c’è limite a quel che ci puoi mettere dentro.