Che cos’è un link? È una promessa

Commentare ciò che ha a che fare con la Proposta di DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO sul diritto d’autore nel mercato unico digitale equivale a infilarsi in una specie di ginepraio fatto di opinioni, pareri, gioco al rialzo e a chi la dice più grossa. In realtà si tratta di una storia di equivoci che proviamo a spiegare.

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Equivoco 1: i cavoli a merenda

Guido Scorza ha sensatamente espresso la propria opinione in merito e ti invito a leggere integralmente il suo testo, di cui pubblico qui un estratto. Ti anticipo che Scorza è convintamente contrario alla proposta – lo sono anch’io. Il passo in cui spiega che, per esempio, il diritto d’autore non c’entra nulla spiega che

«Linkare un contenuto o citare una manciata di caratteri – generalmente meno di quelli di un tweet – [ndr via snippet] di un articolo non significa utilizzarlo, salvo, naturalmente, che non si pensi che ogni titolo di articolo o ogni snippet meriti di essere trattato, per davvero, come una poesia ermetica alla Quasimodo o alla Ungaretti».

Mentre linko e pubblico l’estratto mi chiedo: e se domani mi fosse impedito di fare anche questo? Se non potessi più citare qualcuno e linkarlo?

Se questo qualcuno potesse chiedermi qualche centesimo?

Quale incubo – e infatti Scorza ne parla abbondantemente, ma non vorrei abusar di citazioni – giuridico, lavorativo, burocratico vivremmo? Abbiamo già visto le prime conseguenze del GDPR e della cookie law: pensate per aiutare le persone (quelle che a tutti, o quasi, piace chiamar utenti, giacché siamo sul web), per ora hanno avuto come effetto quello di inondare le homepage di richieste di consenso, le caselle di posta di modifiche avvenute della privacy.

Un’iperburocratizzazione che non ha fatto proprio nulla di buono per le persone – salvo introdurre alcuni concetti come la portabilità del dato, una grossa vittoria, per dire, ma che va spiegata e resa concreta per evitare che sia una vittoria di Pirro.

Il succo di quel che sta succedendo è, fondamentalmente, una sorta di spropositata reazione ai presunti danni che le piattaforme avrebbero causato all’editoria. Quindi, per dire: tu, piattaforma, mi consenti di pubblicare questo incredibile contenuto di grande valore aggiunto giornalistico sotto forma di link/snippet?

E io ti faccio pagare.

Devo davvero proseguire?

Equivoco 2: tu non linki chi vuoi tu

A me sembra non solo un incubo distopico, ma anche la prosecuzione di un equivoco che abbiamo iniziato a spiegare nel primo quaderno di Wolf, in particolare in un pezzo che si intitolava Il giorno in cui abbiamo sputtanato i link.
Ma mi ricorda anche quando ero autore di un blogghetto personale (ereditato da un amico di amici) che si chiamava L’Indignato. Scoprii una storiella buffa (questa:

«Livio Tamagno De Fonseca, che a 60 anni, tre anni dopo il divorzio dalla moglie e con una breve storia finita male alle spalle, cerca oggi attraverso una inserzione a pagamento una compagna a cui far rivivere la favola di Cenerentola. L’annuncio uscirà la prossima settimana sulle pagine del Secolo XIX, ma già oggi l’ aspirante principe azzurro, torinese ed oggi residente a Montecarlo, ha anticipato allo stesso quotidiano i motivi del suo originale gesto».

All’epoca vivevo a Genova e avevo per le mani la pagina pubblicitaria. Ne scrissi sul blog (niente di che, non riesco più a trovarlo nemmeno su archive.org) e linkai il sito della De Fonseca (alle parole De Fonseca). Dopo qualche tempo, l’avvocato della De Fonseca mi disse che volevano querelarmi per il link (!).

Li sfidai a farlo, in una telefonata surreale in cui dicevo cose tipo (vado a memoria) «Il link alla De Fonseca è sulle parole De Fonseca, mica su un insulto o una denigrazione del marchio. Vorreste forse negare che sia pertinente?» e l’avvocato rispondeva cose tipo: «Lei non può mettere il link a un sito senza autorizzazione». E io rispondevo: «Il web si basa sui link». Non mi querelarono. Erano, fra l’altro i tempi di «miserabile fallimento», chi se lo ricorda?

Equivoco 3: fatta la legge trovato l’inganno

Anche il mondo SEO vive di equivoci sui link. Ora scopriamo che anni e anni di link building fatto a caso, pregando il publisher di turno di mettere un link do follow sono stati buttati nel cesso.

John Muller ha semplicemente detto che «i link come quelli inseriti nei comunicati stampa vengono ignorati».

Ignorati, chiaro?

Non servono a niente.

Ancora una volta, tutto il tempo sprecato a cercare di fregare Google pompando di link non naturali il proprio sito è tempo sprecato. Lo stesso tempo che si spreca a far scrivere o a scrivere personalmente recensioni false su Tripadvisor invece di migliorare il proprio servizio.

«Da sempre sostengo», scrive Giorgio Tave, «che possiamo anticipare, di molti anni, i motori di ricerca e approcciarci alla SEO in modo diverso».

Da un bel po’ sostengo, aggiungo io, che dovremmo capire meglio il mondo che ci circonda, rimettere le persone al centro, dimenticarci di voler far pagare per una promessa, capire la convenienza specifica di una piattaforma, trovare là fuori tutto il meglio che c’è.

E invece siamo qui a parlare di «tassa sul link».