URU Cercare soluzioni di advertising non invasivo sui video. Una startup da tenere d’occhio

Che il sistema-pubblicità non funzioni più per i contenuti lo abbiamo ripetuto in ogni modo. Che il numero degli utilizzatori di ad-blocker vari abbia già superato ampiamente il mezzo miliardo è cosa nota.

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Eppure, la pubblicità non è morta in senso stretto. Il sistema pubblicitario sta ancora in piedi ma ha un enorme problema da risolvere: deve smettere di essere un’interruzione del flusso della fruizione di contenuti da parte delle persone. Si deve integrare in quel flusso. Da qui i vari tentativi di native advertising (spesso, in Italia, pubbliredazionali ben poco evoluti. Ma con esempi molto interessanti da copiare all’estero e qualche volta anche in casa nostra – vedi ad esempio La rivoluzione tattica della Serie A, a dimostrazione del fatto che quando si verifica il connubio non impossibile fra consolidate competenze editoriali, digitali, tecniche, marketing e richieste intelligenti da parte del cliente, si ottengono ottimi risultati) e svariate altre storie.

Non è detto che il native risolva il problema, chiaramente. Ma se è fatto bene può anche portare alla creazione di medio-grosse media company che poi espandono le proprie attività, come Monocle, per dirne una.

Nell’universo video la questione è più complicata. A parte il fatto che i fastidiosissimi preroll vengono bloccati dagli ad-blocker, spesso si tratta di pubblicità completamente decontestualizzate dal video che si vuole vedere. Se poi affrontiamo il tema dei giornali o dei siti di informazione, a parte casi virtuosi come quello del New York Times, è molto frequente trovare monetizzazioni preroll anche su video di tragedie.

Al New York Times si sono posti il problema e hanno deciso che si può fare editorialmente una scelta. È stata creata una tag content=”tragedy” che non fa erogare formati pubblicitari in caso di tematiche «sensibili». Qui di seguito, per esempio, il codice della pagina in cui il NYT parlava dell’aereo Germanwings (quello del pilota suicida).

La tag content="tragedy" del New York Times

Nella Silicon Valley, anche se c’è molta consapevolezza rispetto al tema e rispetto al fatto che il grosso degli investimenti pubblicitari digitali sul medio-breve periodo, finirà nelle tasche di pochi oligopolisti, si cercano soluzioni ben sapendo che non si può mollare da un giorno all’altro il sistema advertising.

Fra quelli che cercano soluzioni c’è URU, una startup che ti consiglio di tenere d’occhio. Secondo il database di Crunchbase, URU ha ottenuto, per il momento, 800.000 dollari di finanziamento da una dozzina di investitori.

Per fare cosa? Semplice. URU sta sviluppando, per cominciare, un algoritmo che individua nelle inquadrature fisse di un video una superficie sulla quale si possa inserire in maniera non invasiva un messaggio pubblicitario.

Così.

Schermata 2017-01-17 alle 23.42.38

L’algoritmo funziona in modo che tutto ciò che passa davanti alla superficie interagisce anche con la scritta o il messaggio pubblicitario in maniera naturale. Quindi, quando lo skater di questo video passa davanti alla scritta VANS, questa sparisce dietro di lui.

Schermata 2017-01-17 alle 23.40.07

Il risultato è molto interessante sotto parecchi punti di vista.

Schermata 2017-01-17 alle 23.40.28

E sicuramente è meglio di qualsiasi preroll (O della folle idea dei midroll. Nel test di Facebook è possibile inserire un’interruzione pubblicitaria dopo 20 secondi anche in video che ne durano appena 90. Se non altro, su Youtube si possono inserire i midroll solamente su video che durano più di dieci minuti). Resta da capire se sia davvero un beneficio per i brand. Ma in fondo quant’è diversa da una normale campagna di affissione? Ben poco.

Chiaramente, il lavoro di URU non si ferma qui: l’idea è quella di applicare il medesimo algoritmo di individuazione di superfici anche nelle applicazioni di realtà aumentata e di realtà virtuale.