Scrivere i BOT

Via via che sfuma l’attenzione nei confronti dello strumento emerge l’importanza della progettazione e della scrittura per fare la differenza tra BOT inutili e una vera esperienza di conversazione «come se». Scrivere un BOT, infatti, è come scrivere un dialogo: per chi non è avvezzo alle pratiche della scrittura professionale scrivere un dialogo sta al copywriting come una pista nera sta a una baby.

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Per scrivere un testo che deve essere letto, tra l’altro, è sufficiente un foglio bianco (cartaceo o digitale); per scrivere una sceneggiatura e i dialoghi che la compongono, invece, è utile avere uno strumento di gestione dei contenuti un po’ più evoluto. Vale anche la scrittura di una sceneggiatura particolare, quale è quella necessaria per progettare e produrre un bot sensato: non l’interrogazione asettica di un database di contenuti, ma un dialogo in cui la parte umana – tu – è simulata e quella software – il BOT – è attiva.

Quella di un BOT, infatti, è una conversazione per modo di dire: devi evitare il più possibile di far venire voglia al tuo interlocutore di scrivere o prendere iniziative e tutta la tua abilità si deve concentrare sull’immaginare i suoi desideri e le sue aspettative per soddisfarle in anticipo con una serie di scelte (via via che avanza Fabula vedremo come fare a immaginare i clienti come personaggi di una storia). Se non ti fidi di me, fidati di Google:

Alla difficoltà di progettare in sé, quando si tratta di BOT, si affianca anche la difficoltà di scrivere e prototipare una conversazione che può e deve prendere strade diverse, usando i vari format disponibili (non tantissimi, ma neanche pochi).

La prima volta che ci ho provato l’idea era di rendere accessibile il programma di una fiera; l’enorme programma di una fiera. Avevo un’idea abbastanza precisa dello stile di interazione, che si è infranto contro il muro dell’ambiente di scrittura: un file Excel, senza possibilità di anteprima. Ci ho provato, ho miseramente fallito. Non so se capita solo a me, ma Excel è per me la kriptonyte della creatività. È un foglio di calcolo, giusto?

Usiamolo per fare i calcoli.

Due mesi fa arriva un lavoro vero, non un esperimento come nel caso del programma della fiera. Un lavoro molto bello, il BOT di una persona, con vincoli ed esigenze molto precise e una personalità complessa da trasferire. Parto su carta. Trasferisco i dialoghi su Word. Cerco con i programmatori un formato di markup: non solo i contenuti (testi, emoji, gif animate), ma anche i formati (quick reply, bottoni, carousel, esitazioni, link in uscita) e le varie biforcazioni. Il primo dialogo e i successivi, il push, le regole. Passo più tempo a formalizzare che a scrivere. Proviamo a testare, ma tra un test e una modifica, naturalmente, passa del tempo. Tempo che perdo, tempo noioso, tempo nemico delle idee. Mi metto a cercare un tool di prototipazione. La giungla 🙂

«Chatbot design in 2017 is like web design back in 1996: In its infancy.»

Questa è una storia a lieto fine. Dopo aver sfoltito la giungla ho trovato quello che cercavo e, usandolo, anche la conferma di quanto è divertente e stimolante pre-vedere un dialogo tra un software e un umano. È una forma di scrittura che non avrei mai neanche sognato di poter praticare: devi progettare un dialogo che si apre e continua finché non diventa noioso e poterlo testare mentre lo scrivi è indispensabile.

Il tool che vi consiglio si chiama Botsociety: oltre a poter facilmente creare un mockup funzionante del BOT crea automaticamente Path una mappa della navigazione e dei vari snodi narrativi.

Il mockup creato può essere testato, nelle sue varie diramazioni, sia direttamente all’interno di BotSociety (Play) sia esportando uno dei percorsi (come avi, mp4 o gif animata). È possibile inserire anche immagini (ma non ancora gif animate) e usare tutti i formati permessi da Messenger; la maschera di inserimento è molto comoda e permette di vedere subito il risultato.

La sorpresa più bella, come nei film Pixar, viene dopo i titoli di coda: non riuscendo a ritrovare uno degli snodi chiedo aiuto in chat a Vittorio, uno dei creatori di BotSociety. Immersa come sono nel mondo del mio BOT gli scrivo in inglese. Vittorio mi risponde in italiano. Gli rispondo in inglese. Mi risponde in italiano. Sono talmente altrove che penso «caspita, sono riusciti anche a fare un bot di assistenza con traduzione automatica …OH WAIT». Ebbene sì, il mio nuovo tool salvavita è italiano 🙂