Wolf. 92 – Emergenza!

Il terremoto che colpisce nell’Italia centrale. L’emergenza, la tragedia. Una storia anche troppo nota, che periodicamente ci porta a vivere o – per i più fortunati – a commentare eventi del genere. Di seguito, alcune considerazioni sparse, con un cappello introduttivo che spiega il mio interesse per l’argomento e questo pezzo un po’ borderline rispetto alla linea tradizionale di Wolf, ma comunque con spunti per i nostri lavori.
Personale
Dal 2009 e per quasi dieci mesi ho seguito la gestione dell’emergenza post-terremoto a L’Aquila (vivendoci, prima in tenda, poi ospite di una famiglia aquilana) e mi sono fatto, purtroppo, una certa esperienza in tema di emergenze. Ne è venuto fuori un libro, che non so se si trovi ancora – la casa editrice non c’è più e a suo tempo ho dovuto passare per avvocati per ricevere il minimo dovuto – e che si intitola Protezione civile spa, e un film documentario che invece mi sono autoprodotto, insieme al mio socio, che si intitola Comando e controllo: in maniera molto naif, lo distribuimmo grazie a un crowdfunding su Produzioni dal basso, la medesima piattaforma che è stata utilizzata per lanciare Wolf. Fin da allora, il crowdfunding era una soluzione per realizzare lavori indipendenti, che non trovano spazio nel cosiddetto mainstream ma che, invece, si rivolgono a una nicchia di persone, un target coerente, preciso, mirato.
Il titolo del documentario sembra complottista – e purtroppo in alcuni casi e in alcune proiezioni organizzate è capitato che fosse interpretato in quel senso –, ma non è una mia creazione. Mi fu suggerito direttamente dalla Protezione civile di Bertolaso, che a L’Aquila installo la propria sede nella Caserma della guardia di finanza e la chiamò Direzione di Comando e controllo. Le parole sono importanti.
Reattività, giornalismo e social
Anche nel 2009 c’erano Facebook e Twitter – all’epoca vivevo a Roma, feci una battutaccia notturna sentendo la scossa di terremoto senza ancora sapere nulla. Fu l’ultima mia battutaccia su Facebook: tocca imparare dai propri errori. Non c’era il safety check di Facebook, per esempio.
Anche allora ci fu grossa difficoltà a sapere da subito cosa fosse successo direttamente. Ecco perché il pezzo che ho scorso velocemente su Macchianera in cui si dice che ieri è morta la stampa perché le informazioni sul terremoto si trovavano prima su Twitter è un pezzo vecchio di almeno di sette anni.
Non credo che la qualità del lavoro giornalistico sia la reattività (anche se credo che grosse redazioni dovrebbero essere costantemente operative e pronte a monitorare i social e quel che sta accadendo, anche nottetempo), ma le dinamiche che si instaurano in questi contesti sono sempre molto interessanti. Anche nella critica ai media. La stampa non muore perché non è reattiva. La stampa muore quando va a intervistare un terremotato e gli chiede «come sta?».
La stampa muore quando l’emotività sostituisce l’informazione.
Su Facebook ho trovato, tramite il profilo di Giuseppe Granieri e scritta da Raffaele Pizzari, questa lista di cose che succedono quando c’è una tragedia.

Tragedia
Prime notizie sui Social
Prime notizie in TV
Tempesta di messaggi su Whatsapp a familiari/amici
Messaggi di solidarietà sui Social
I quotidiani nazionali online iniziano a dare informazioni a caso
Iniziano a girare foto e video
I quotidiani internazionali seguono con competenza e rigore gli eventi
I quotidiani online iniziano a dare informazioni meno a caso
Arrivano le lamentele sui «giornalisti sciacalli»
Arrivano le prime analisi, le teorie e le spiegazioni degli opinionisti da tastiera
Arrivano le lamentele contro gli opinionisti da tastiera
Chi si è scattato foto/selfie nei luoghi colpiti dal sisma le pubblica con una frase ad effetto
Si vedono qua e là quelli che «ma se non pubblico qualcosa sulla tragedia vi offendete?»
Si invita a tacere
Grillo attiva le campagne di click-baiting offrendo «informazioni utili»
Un idiota qualsiasi fa la lista delle cose che succedono sui Social durante le tragedie
Si attivano IBAN e numeri-SMS per effettuare donazioni
Mentana attiva trasmissioni di approfondimento di emergenza che fanno chiarezza
Iniziano i talk show con poltici e pseudo-esperti a caso che sostanzialmente non hanno nulla da dire se non tirare acqua al proprio mulino.
Non se ne parla più per un anno
L’anno dopo, il giorno dell’anniversario, si cambia di tutti status e/o foto profilo
Qualcuno pubblica post «Tragedia. Un anno dopo.», con annessa analisi della situazione corrente.

È tutto vero. Riassume perfettamente una dinamica che, ancora una volta, restituisce senso alla necessità di applicare le buone pratiche dello slow journalism. Non solo nel giornalismo, ma anche nel mondo social, anche nelle nostre personali manifestazioni digitali.
Verifica delle fonti
Un abbonato di Wolf, Alessio Banini, scrive sul gruppo di conversazione di Facebook:

«Oggi abbiamo utilizzato per la prima volta le linee guida del verification handbook nella nostra piccola redazione locale per trattare il tema del terremoto. Siamo stati più lenti ma abbiamo fornito informazioni efficaci e verificate e il feedback è stato molto buono da parte dei lettori. Tutto questo mentre un’altra testata diffondeva notizie non verificate di danni in provincia di Siena e Abcnews diffonde la notizia della «distruzione» di Montepulciano (io sono di Montepulciano e stiamo tutti benissimo…). Insomma una piccola testimonianza per ringraziare il team di traduzione».

Politica e prevenzione
C’è un tema politico che sfiorerò, ma dal quale non posso esimermi. L’Italia è un paese a rischio sismico e a rischio idrogeologico. La messa in sicurezza del territorio e degli edifici fa parte di un tema (la prevenzione) che è compito dello Stato nella progettazione, nella pianificazione e, almeno per quanto riguarda gli edifici pubblici, nell’esecuzione. Secondo alcuni analisti la messa in sicurezza del territorio dal solo rischio idrogeologico varrebbe da 1 a 2,5 punti di PIL e potrebbe dare lavoro per 20-25 anni. Nel 1999 Franco Barberi (e altri) lavorarono a un dossier-elenco di edifici pubblici vulnerabili in caso di terremoto nell’Italia centro-meridionale. Crollarono tutti quelli dell’Aquila, nel terremoto del 2009. Il tema è politico, ed è di questo – oltre che della nuda cronaca – che dovrebbe occuparsi il giornalismo.