Wolf. 62 – Acquisizioni e giardini

Microsoft e Linkedin
Il primo risultato ottenuto da Microsoft con l’acquisizione di Linkedin è stato oscurare il WWDC2016 (che peraltro non è stato particolarmente interessante dal punto di vista degli annunci). Il secondo è stato quello di aver scatenato l’ironia di tutti quelli che ricordano quella volta che Microsoft si comprò Nokia. Non è andata a finire bene. Se c’è già chi pensa alle 9 cose che Microsoft potrebbe fare con Linkedin (la primissima però la suggerisco io: meno mail, grazie!), il punto è un altro. Il punto è: Linkedin è un social a crescita zero da anni, ormai (se guardiamo, nelle imprescindibili slide di Mary Meeker, quella che propone il numero degli utenti attivi per mese).

Allora qual è il suo vero valore? E in cosa consiste? C’è già chi ipotizza – ma si sa: è un gioco delle parti fantastico, in questi casi – che l’acquisizione sarà un miserabile fallimento. Sarà vero?
Probabilmente, la risposta giusta è, come spesso accade: dipende. Dipende, cioè, da cosa saprà fare Microsoft. Perché Linkedin un valore intrinseco ce l’ha. E, come spesso accade, lo mette bene in evidenza Ben Thompson.
Se Facebook ha un enorme scrigno del tesoro nel quale custodisce una quantità pressoché inimmaginabile di dati del suo miliardo e seicento milioni di utenti, Linkedin possiede dati ancor più importanti (ancorché relativi a soli 430 milioni di utenti iscritti). Perché sono dati relativi alle professioni e alle professionalità. E per questo motivo hanno un mercato naturale (anzi, si rivolgono a più mercati, tutti potenzialmente imprescindibili, perché riguardano un bene primario: il lavoro).
La lettera di Satya Nadella ai lavoratori del gruppo Microsoft non lascia trapelare molto: si parla di integrazioni fra il team di Linkedin e quello di Office 365 (il che ha perfettamente senso, visto che Office serve per lavorare) e del fatto che Linkedin manterrà la propria identità e indipendenza. Presto per dire alcunché, dunque.
Apple e iMessage
La cosa più interessante dal WWDC 2016 (brrr) probabilmente riguarda iMessage. Cioè, il fatto che iMessage seguirà la strada WeChat, copierà un po’ di idee da Messenger di Facebook e altre da Snapchat (sul quale varrà la pena di ritornare a breve, perché ci sono cose molto interessanti che riguardano da vicino questa app sulla bocca di tutti). Però la cosa buffa è che iMessage rimarrà nel giardino di Apple e non sbarcherà ancora su Android. E allora, come pensano di fare a renderlo veramente dominante, in Apple?

Comunque, se non altro il prossimo iMessage sarà aperto a sviluppatori terzi.
Snapchat
Dicevamo di Snapchat. Quando l’interesse per qualcosa di tecnologico cresce così velocemente, di solito possono accadere due cose: la prima è che qualcuno ti dirà che Snapchat è perfetto per il tuo business, qualunque esso sia. La seconda è che potrebbe essere una bolla. C’è un problema, però. Su Snapchat le metriche degli annunci pubblicitari sembrano essere drasticamente ribaltate rispetto al resto del mondo. Cioè: su Snapchat, i formati pubblicitari vengono guardati con audio attivo e secondo il primo studio svolto da Moat in collaborazione con la stessa Snapchat (ma tranquilli: fra i clienti di Moat ci sono anche Facebook, Instagram e Twitter), i video-ads su Snapchat otterrebbero due volte l’attenzione degli utenti rispetto a quelli su Facebook (che sono anche quelli che mostrano le performance peggiori rispetto al parametro dell’attenzione), 1,5 volte meglio di Instagram, 1,3 volte meglio di Youtube.
La cosa interessante di Snapchat, dal mio punto di vista, è che non può dare adito ad equivoci, come Facebook. Siccome è un walled garden per eccellenza: non si esce. Non ci sono link. Non lo puoi utilizzare per dragare traffico sui tuoi siti. Quindi i casi sono due. Se vuoi farne un uso professionale, o lo utilizzi per scopi promozionali o lo utilizzi editorialmente, ma con contenuti dedicati. Mai, in nessun modo, in nessun momento Snapchat potrà essere confuso con una piattaforma di distribuzione.

Wolf non riesce a trovare quel che stavi cercando