Wolf. 15

Cambiamenti
La data di ieri va segnata sul calendario. Il 24 febbraio 2016, infatti, Google e Facebook hanno cambiato (radicalmente?) le carte in tavola con due modifiche annunciate da tempo e rese esecutive lo stesso giorno: i due colossi del web, evidentemente, si monitorano e si marcano stretti. Google ha lanciato le AMP. Facebook, invece, le reactions. Questa introduzione non poteva che essere dedicata ai due rilasci.
Google AMP
Sono le «Accelerated Mobile Pages». Si vedono solamente su ricerche fatte su Google da dispositivi mobili. Qui c’è il pezzo del nostro glossario in cui spieghiamo nel dettaglio di cosa si tratta. E qui puoi vedere il medesimo pezzo in versione AMP (prova ad aprire le due pagine da mobile, vedrai la differenza, anche se il template di Wolf è molto semplice anche in versione «normale»). La pagina AMP è stata generata con enorme facilità utilizzando un plugin di Wordpress ancora adesso in fase di sviluppo.
Da un punto di vista strettamente utente cosa cambia? Cambia che le pagine-risultato di ricerca su mobile sono drasticamente diverse. Se sulle ricerche da desktop rimane, infatti, il box delle notizie con tre risultati in un font più piccolo (cosa alla quale siamo abituati da tempo), su mobile, invece, appare un box tipo «Prima pagina», che è scrollabile orizzontalmente: questa modifica era già iniziata da qualche settimana. Durante la prima fase di test (nottetempo, si poteva vedere su keyword con alto volume di ricerca. Per esempio, è successo su «sanremo 2016» proprio nei giorni del festival) si è visto cosa accadrà: il box scrollabile verrà replicato, se il volume della chiave di ricerca lo consentirà, lungo tutta la pagina dei risultati (sempre su mobile).
Una questione SEO molto importante: si dice che la cosa non influenzerà in alcun modo le ricerche da desktop. Io mi permetto di dubitarne (anche perché non vede per quale motivo, a lungo termine, le pagine leggere non dovrebbero, in qualche modo, essere premiate anche su desktop). È decisamente presto per dirlo.
Facebook Reactions
Anche in questo caso c’è il post di breve spiegazione nel nostro glossario (una spiegazione molto più semplice). Ma vediamo nel dettaglio e con un approfondimento cosa cambia ora. Facebook ha aggiunto allo storico «like» (che cambia anche grafica) altre cinque reazioni possibili al pezzo. Sono il cuore, la faccina dello stupore, la faccina arrabbiata, quella triste, quella del wow.
Attenzione: questo non ha nulla a che vedere con il pulsante dislike, che Facebook non introdurrà mai. Non può permetterselo: ne abbiamo già parlato. Vi immaginate cosa accadrebbe se qualcuno pubblicasse una propria foto e ricevesse, per esempio, 50 like e 200 dislike? Gli utenti comincerebbero a limitare notevolmente le proprie condivisioni, si annoierebbero, sarebbero a disagio. E a Facebook non fa comodo che si sia a disagio. Anzi.
Il fatto che ci siano due faccine che rispondono a sentimenti, per così dire, negativi (la rabbia e la tristezza) risponde a un’altra esigenza: quella di evitare di mettere un «mi piace» a una condivisione in cui, per esempio, si parla di un morto.
Su Downloadblog scrivevo, qualche tempo fa, che questa non è un’invenzione di Facebook. Buzzfeed usa da tempo alcune proprie reactions. Il Corriere.it le ha implementate a sua volta. E persino la pubblica amministrazione in Italia, per volere di Brunetta (che si è fatto ispirare dalla Cina), aveva implementato gli emoticon di valutazione del servizio ricevuto da parte dell’utente. Solo che il servizio è stato poco utilizzato. E qui arriviamo al punto cruciale: qualsiasi modifica in un colosso come Facebook deve poi fare i conti con l’esperienza utente.
#yayisdead
È vero: Facebook ha testato a lungo in alcuni paesi, prima di rendere la modifica operativa a livello mondiale. E infatti in questa fase di test ha deciso di rimuovere la faccina «Yay» (che in italiano avrebbe dovuto essere «Evviva». Il motivo è che, probabilmente, la faccina in questione non è stata ritenuta universalmente riconoscibile oppure che era ridondante rispetto a like e cuore. Verosimilmente, la rimozione di Yay è dovuta al fatto che nei paesi in cui si è testato il servizio quella faccina è stata poco utilizzata.
Engagement
Dal punto di vista del coinvolgimento con gli utenti Facebook vince la giornata a mani basse. Ma non c’era alcun dubbio che andasse così, non poteva essere altrimenti. #Reactions è diventato TT anche su Twitter, i news feed di tutti erano invasi da commenti relativi alle nuove faccine.
Di Google AMP, invece, hanno parlato essenzialmente gli addetti ai lavori.
Instant Articles
Inoltre, questa non è la risposta di Facebook alle Google AMP. La risposta di Facebook alle Google AMP si chiama Instant Articles: ne parleremo più approfonditamente. Saranno aperti a tutti gli editori a partire dal prossimo 12 aprile. Quindi, possiamo dire che l’operazione di Facebook ha, almeno da un punto di vista mediatico, completamente oscurato l’innovazione di Google. Sul brevissimo periodo, ha vinto Facebook.
User Experience
A questo punto, la domanda che bisogna farsi è: dal punto di vista dell’esperienza utente, queste due novità sono un miglioramento o un peggioramento? L’accelerazione delle pagine, con un layout snello, facile da leggere su strumenti anche piccolo, è senz’altro un miglioramento.
È facile dire «è utile» perché la cosa riguarda un miglioramento oggettivo (temporale) Anche gli editori (o comunque tutti coloro che vogliono monetizzare contenuti sulle AMP) hanno una parte dello sviluppo a loro dedicata (come spiega il sito ufficiale. Ci torneremo).
La novità di Facebook, invece, è molto più difficile da catalogare. Secondo l’annuncio di Sammy Krug, è stata implementata per venire incontro alle esigenze espresse dagli utenti di poter esprimere più velocemente le loro reali emozioni rispetto alle condivisioni (senza essere costretti a limitarsi a un like). Se questo è davvero quello che vogliono gli utenti, lo scopriremo soltanto guardando come verranno utilizzate (a regime, non oggi) le reactions. A un primo esame, i nuovi bottoni «pasticciano» un po’ il news feed e lo spazio dei commenti (già devastato da gif animate e emoji di ogni genere) e sembrano proseguire quella pericolosa tendenza alla «myspace-izzazione» di Facebook. Certo, sono «divertenti». Ma sono davvero anche «utili»?
Ecco, sinceramente non lo so. E questa difficoltà nel definirne l’utilità, il fatto che richiedano (poco) tempo in più rispetto al semplice like per «reagire», mi fanno dubitare. Il fatto che il conteggio, poi, sia estremamente macchinoso (verranno utilizzate come metriche? Bisognerà giustificare al cliente tutte le singole reazioni? Cosa succederà al prossimo fail social tipo quello di Italotreno? O sulle fanpage dei politici?) non migliora le cose.
Insomma: Facebook vince dal punto di vista del coinvolgimento. Google dal punto di vista dell’utilità immediatamente apprezzabile. La battaglia è sul lungo periodo.
Attivissimo
A margine di questa doppietta di cambiamenti che monopolizza il numero di oggi, un timido segnale di cambiamento che va segnalato. Paolo Attivissimo scova una bufala. La segnala a varie redazioni.

.@annamasera Il vostro Fulvio Cerutti non ha fatto nessuna verifica della “notizia”. I fatti: https://t.co/ggT5eeabuJ. Come rimedierete?
— Paolo Attivissimo (@disinformatico) 22 febbraio 2016

Da La Stampa, Anna Masera risponde. Si scusa con i lettori, indica la fonte del pezzo (CNN. Ma sappiamo bene che non basta una fonte – presunta autorevole – per fare un pezzo) e annuncia che l’articolo è stato cancellato.

«Segni di cambiamento nelle redazioni? Incoraggiamoli. https://t.co/CLiVAjmY5x
— Paolo Attivissimo (@disinformatico) 24 febbraio 2016»