Orizzonti diversi

Ossessionati come siamo dalle conseguenze dei media digitali sulle nostre vite spesso non vediamo o dimentichiamo che la nostra vita è cambiata per motivi molto diversi dagli strumenti che usiamo per lavorare, informarci e comunicare. Pensa per esempio al turismo e in genere alle vacanze: nel corso di poche generazioni siamo passati dalla villeggiatura al viaggio, dall’autostop all’Interrail ai voli low cost, dal Grand Tour, appannaggio dell’aristocrazia, a Airbnb.

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Abbiamo riscoperto i pellegrinaggi, intesi sia come viaggio a piedi spendendo poco e niente, sia come trekking semiurbani, scelti per riscoprire la lentezza, la fatica e il piacere di conquistarsi una meta. Abbiamo un orizzonte diverso, letteralmente e metaforicamente, e questo ci ha cambiati molto più profondamente di quanto Internet possa mai fare.

Per i nostri nonni il viaggio di nozze era praticamente l’unica possibilità di mettere il naso un po’ fuori di casa, per i nostri genitori il villaggio vacanze o la pensioncina erano l’unica alternativa alla seconda casa al mare, per noi il viaggio è sempre di più abitare per qualche giorno, settimana o mese case e vite altrui.

Non è vero sempre e per tutti, quello che è vero, però, è che poter scegliere tra esperienze di viaggio molto diverse tra di loro ha cambiato e cambia la nostra idea di presente e di futuro. La semplice possibilità di potersi permettere un viaggio in una realtà diversa cambia la realtà in cui siamo immersi; molta paura dell’altro e del diverso nasce proprio perché ci ritroviamo sotto casa l’esotico che vorremmo comparisse solo quando lo scegliamo noi.

Un fenomeno molto ben descritto da Ömer Kücükdere di NestPick:

«I Millennial sono cresciuti in un mondo sempre più piccolo, dove Internet ha aperto possibilità che i loro genitori non avrebbero mai potuto immaginare, e le compagnie aeree a basso costo hanno reso queste possibilità ancora più reali ed attuabili. Ora è possibile vivere e lavorare in qualsiasi parte del mondo e questo cambiamento sta determinando come il mondo dovrà guardare ed adattarsi alle generazioni future».

NestPick è un motore di ricerca di appartamenti arredati pensati proprio per chi comincia a non fare distinzione tra un viaggio e un trasferimento, un mercato ibrido tra il turismo e la ricerca di lavoro. Sempre NestPick ha creato una classifica delle «migliori città per Millenial», usando questi criteri:

Ora, al di là del fatto che non c’è nessuna città italiana tra le prime cento (Milano è 101sima, Venezia 102sima), quello che è interessante è la convergenza tra desiderabilità turistica e desiderio di trasferirsi in un posto (per un po’). Ecco le prime dieci città:

Berlino
Montreal
Londra
Amsterdam
Toronto
Vancouver
Barcellona
New York
Colonia
Manchester

Elena Torresani, a Londra da tre anni, spiega molto bene il motivo per cui desideriamo andare a vivere in città come Londra (e per cui soffriamo così tanto in Italia, ahinoi):

«La felicità è fatta anche di questo: sapere che qualcuno crede in te per quello che davvero sai fare, sapere di potersi reinventare indipendentemente dall’età e dal percorso professionale, sapere di potersi spostare e di entrare nelle stanze per le capacità e non per le connessioni, ottenere fiducia anche da straniero, anche parlando con un accento buffo.

Possibilità: ecco perché a volte si emigra. Non sempre per fame o per guerra, e nemmeno per bisogno. Si emigra anche “solo” per ritrovare la speranza: nel potersi rimboccare le maniche per far cambiare le cose, nella libertà, nel talento, nel riconoscimento dell’individuo per quel che vale.

Tre anni intensi, a ritrovare luce e forza.»

L’impatto che questo vi(ll)aggio perenne ha sulla comunicazione turistica è ancora molto lontano dall’essere digerito; non a caso si continua a capovolgere i termini della questione e a pensare che il marketing turistico debba cambiare perché sono cambiati gli strumenti, incapaci di accettare che cambia perché noi siamo diversi.

Quello che accomuna molte destinazioni turistiche emergenti (comprese quelle nella top ten di sopra) è proprio la capacità di parlare a questa diversità, cogliendo che per molte persone, turisti o viaggiatori che siano, la qualità della vita in un luogo conta quanto, se non di più, le sue attrattive.

Gli orizzonti diversi, allora, sono anche quelli degli obiettivi di marketing: l’Alto Adige, per esempio, una delle realtà italiane capaci di una vera visione e di un lavoro di lungo periodo per trasformarla in realtà, dal 2013 lavora per diventare «il posto dove vivere più desiderato d’Europa».

«L’ospite che ha appena trascorso una vacanza “vissuta” nella nostra regione dovrebbe arrivare a dire: “Qui non ci farei solo le ferie, ma mi piacerebbe anche trascorrere il resto della mia vita”». Sulla stessa lunghezza d’onda il Vermont che, a partire dal 2019, darà 10.000 dollari per pagare le spese di trasloco, computer e co-working per chi si trasferisce lì con l’idea di lavorare in remoto (e quindi senza pesare sui locali, ma pagando le tasse dello Stato).

Per aiutare gli indecisi hanno lanciato il programma Stay to Stay: una settimana di incontri e orientamento per capire se e come fare a trasferirsi lì lavorando altrove.

In teoria possiamo vivere e lavorare ovunque, in pratica, checché ne pensi e dica chi insiste nel vedere un mondo di persone passive che si accontentano di briciole digitali, lo facciamo già: una tendenza da tenere d’occhio (ricordate quello che dicevamo sul come si fa a vedere le cose prima che diventino evidenti?) perché se non capiamo l’impatto del viaggio sui consumi difficilmente potremo aiutare i nostri clienti e i nostri lettori.