La SEO per il personal branding

Un nostro abbonato, Sergio Ferraris, ha iniziato un piano di posizionamento su Google per la keyword giornalista scientifico. È riuscito a portare il suo «chi sono» in terza pagina su Google e poi ha chiesto se c’è qualcosa che può fare per migliorare ancora. Questo pezzo è da considerarsi una risposta alla sua richiesta ma, come mi piace fare su Wolf, anche qualcosa di più. Questo pezzo, in realtà, dovrebbe spiegarti perché ha un senso conoscere e applicare tecniche SEO per il tuo personal branding, cioè per farti conoscere.

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C’è una cosa importante da dire come premessa. Per me la SEO non è un insieme di tecnicismi ma è una disciplina che coniuga la necessità di avere competenze tecniche – solo parzialmente riassunte nella Guida SEO di Google, che pure resta una lettura imprescindibile per capire cosa fare, come farlo e per non farsi prendere in giro da chi promette risultati rapidi, mirabolanti e con poca spesa! – con la necessità di avere conoscenze umanistiche. La SEO non è una disciplina per nerd, ma è qualcosa che ha molto a che fare con le persone vere. E dunque è da declinarsi come Search Experience Optimization. La SEO, in altre parole, è uno strumento relazionale.

Serve per porre in relazione persone con i nostri contenuti, interpretando le loro query intention e portandole su contenuti che sono quelli che stavano cercando. E, al tempo stesso, cercando di capire come e per quali argomenti vorremmo essere trovati su un motore di ricerca e come ottimizzare i nostri contenuti per quegli argomenti.

Ora. Sergio Ferraris è un giornalista scientifico. E come tale ha tutti gli interessi a farsi trovare online per chi cerca su Google giornalista scientifico (potremmo aprire qui una dissertazione su quale sia la reale intenzione di chi fa una ricerca simile. Cioè: se una persona digita giornalismo scientifico su Google, cosa si aspetta di trovare? Lasciamo questa parte a quel che vedremo fra poco nella parte dedicata ai contenuti). È come il mio piano di posizionamento per giornalismo SEO. A me interessa essere in quella posizione perché mi occupo di questo argomento. Declina la cosa per qualunque attività tu svolga e troverai decine e decine di esempi analoghi.

Sergio ha scritto:

«Per il mio personal branding, e per sperimentare, sto dando la scalata su Google a “giornalista scientifico”. Per posizionare la mia presentazione sul mio sito. Ho rinominato il “chi-sono” in “giornalista-scientifico”, fatto la redirect 301 e poi link in entrata. In 4 giorni la pagina (che a quella ricerca rispondeva in 14a pagina, ne avevo un’altra sempre dal mio sito in 5a) ora è in terza pagina. Mi fate la verifica con browser in incognito in che posizione la vedete? Si può fare qualche cos’altro? La pagina è questa: https://www.sergioferraris.it/giornalista-scientifico/ grazie»

La pagina, correttamente, riporta il curriculum di Sergio in maniera descrittiva, utilizza la chiave giornalista scientifico nella URL e nel testo, riporta una foto il cui nome del file contiene la parola chiave (replicata anche nel campo ALT) ed è correttamente compilata sotto tutti i punti di vista.

Una cosa che farei, giusto perché la keyword è competitiva e c’è l’esigenza di scalare la SERP in tempi non biblici, è cambiare il title html, o titolo della pagina, mettendo in prima posizione Giornalista scientifico.

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Poi c’è un bellissimo spazio sul sito di Sergio che si può utilizzare per «corroborare» il posizionamento per quella parola chiave (e per altre). È il footer!

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Così com’è è uno spazio sprecato. Può contenere una descrizione. Del tipo: «Sergio Ferraris, giornalista scientifico. Mi occupo di energia, scienza e tematiche sociali correlate». Ciascuna delle keyword dovrebbe essere linkata alla pagina specifica, così, ad esempio: «Sergio Ferraris, giornalista scientifico. Mi occupo di energia, scienza e tematiche sociali correlate». La descrizione può anche essere più ampia. Per esempio, quella del mio sito personale recita: «Mi occupo di analisi dei media, seo, social, giornalismo, digital marketing e analitica digitale, digital strategy. Faccio il giornalista e il regista. Faccio consulenze e corsi. Ottimizzo».

Il footer di Groupon, per esempio, è fatto così.

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È sempre una buona idea osservare i comportamenti di chi deve competere su mercati dove la concorrenza è spietata. Se il footer di Groupon è fatto così, ci sarà ben un motivo, giusto?

Del resto, il footer è un’area secondaria per i motori di ricerca (visto che lo è anche per le persone) ma se la utilizziamo correttamente, non per fare keyword stuffing ma per descrivere quello che veramente una persona (e dunque anche Googlebot) trova sul nostro sito, allora stiamo offrendo una buona user experience. E già che ci siamo stiamo ripetendo quelle parole chiave per tutte le pagine del nostro sito – in una maniera che Google non depreca, anzi. Il che fa solo del bene per il posizionamento.

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Infine, la copia nell’indice di Google è ancora con la meta description vecchia. Quindi può essere una buona idea risottomettere a Google la pagina (non è garanzia di scansione immediata, ovviamente. Ma può servire).

Una cosa sulla quale Sergio non ha controllo (ma potrebbe lavorarci a livello di pr) è la possibilità di ricevere un link esterno che utilizzi come anchor text le parole giornalista scientifico.

Poi c’è la questione, molto più ampia, che riguarda il contenuto. Come può, Sergio, ampliare quella pagina e renderla più appetibile ancora per Google e per un lettore?

La questione è più semplice di quanto sembri, in realtà. E riguarda, come anticipavo, la query intention. Se io cerco su Google, genericamente, giornalista scientifico, è difficile che io voglia avere informazioni sul solo Sergio Ferraris. E quindi sarebbe una buona idea spiegare, per esempio, cosa fa un giornalista scientifico o come si diventa tale. Quali competenze deve avere. Se vale la pena di lavorare come freelance, se ci sono master o in giornalismo scientifico che vale la pena di seguire. Se fare giornalismo scientifico è sinonimo di divulgazione scientifica e quali sono i giornalisti scientifici a cui dovremmo guardare (Piero Angela è un modello per il giornalista scientifico? E Sergio Pistoi). Se c’è una specializzazione digitale. E via dicendo.

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Non è un caso che negli argomenti che suggerisco per ampliare il testo di quella pagina ci siano ricerche correlate suggerite da Google sia nella parte bassa della SERP sia fra i suggerimenti istantanei.

Giornalista scientifico

Non dimentichiamoci che Google è il più importante «fornitore» di keyword e che saper capire le keyword che ti suggerisce equivale a fare una ricerca di mercato approfondita su un pubblico che utilizza il motore di ricerca per soddisfare i propri bisogni.

Questa medesima strategia la potrebbe applicare anche su una pagina-archivio all’interno della quale costruire un piccolo piano editoriale SEO-friendly, fatto di una serie di post.

È vero che così il grosso del pubblico che Sergio porterebbe sul suo sito non è necessariamente pubblico che vuole i suoi servigi come giornalista scientifico (ma non è detto. E soprattutto, potrebbe offrirsi anche, in futuro, come consulente). Ma è altrettanto vero che questa strategia porterebbe benefici, miglioramento del posizionamento su Google e traffico che, parzialmente, sarebbe anche qualificato.