Guarda meglio per vedere bene

Quanto pesavi cinque anni fa? Quanto camminavi prima del lockdown? Quante ore al giorno perdi sui social media? Molto probabilmente non lo sai, ma lo immagini: credi di saperlo.

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E invece, qualunque sia il dato che hai in mente, si rivelerà non solo impreciso, ma anche inutile preso da solo, se non analizzato e messo in un contesto. In una serie storica, in relazione a un obiettivo, in confronto ad altri dati simili.

Se questo è vero per una persona singola diventa verissimo per un’azienda, per un professionista, per un partito politico, per una testata. Il fatturato può aumentare mentre l’utile scende, i clienti diminuire mentre l’utile sale, la produttività crescere al calare delle ore di lavoro, i like sui social media nascondere un gradimento o un fastidio emergente.

Aspetta, in che senso?

Pensiamo all’esempio più semplice: se i tuoi clienti sono infuriati e commentano insultandoti per giorni e giorni, l’engagement rate di quei giorni decolla.

Se l’anno dopo chi analizza i dati non ha questa informazione vedrà un picco da replicare, non da evitare.

Se il tuo sito si carica lentamente un cliente motivato potrà tornarci più volte in un giorno per poi rinunciare ma ehi, non è una bella notizia.

Se una persona visita una sola pagina di un sito può sembrare che non sia interessato, ma se è un approfondimento lungo e articolato è probabile che lo abbia pienamente soddisfatto e che tornerà, quando ha tempo, per cercarne altri.

Allarghiamo la cornice

La cornice con cui noi osserviamo i fenomeni che ci riguardano, in inglese framing, diventa una gabbia quando non la vediamo. Per questo è importante imparare a cercarla e ad allargare il campo. Questo vale in particolare per i trend e i comportamenti, soprattutto da quando Internet è meno indicizzabile e cercabile, per la grande quantità di contenuti privati o protetti, come anche questo articolo (quindi in sé niente di male slightly smiling face 

Quando noi guardiamo Facebook o Twitter o TikTok continuiamo a osservarli e giudicarli con la prospettiva dei mass media, dove il numero di contenuti e di contenuti è limitato e visibile.

È comunque un numero enorme, ma guardando un’edicola, per esempio, siamo in grado di capire quali riviste vendono di più, così come possiamo ancora, a colpo d’occhio, vedere tutto il palinsesto di una giornata in tv e trarne delle conclusioni.

Per i social media questo è impossibile.

Non difficile, impossibile. Ce lo dimostra un dato, uscito da poco, pubblicato in un report di Facebook, Widely Viewed Content Report: What People See on Facebook.

Io lo trovo uno dei dati più divertenti e illuminanti mai visti: i post che hanno avuto più visualizzazioni nel secondo trimestre negli Stati Uniti sono comunque una piccolissima parte di tutti i contenuti visti.  

Internet non esiste

Facebook, come Internet, non esiste, nel senso che è inconoscibile, indescrivibile, indefinibile.

Una volta accettata questa consapevolezza possiamo usarla davvero per raggiungere i nostri obiettivi di fatturato e di comunicazione, perché questo ci insegna due cose importanti:

  1. c’è sicuramente un pezzo di mondo che non vediamo (e non sappiamo di non vederlo)
  2. scegliere i dati da osservare influenza le nostre conclusioni e le nostre decisioni

Come sintetizza Valerio Bassan in Ellissi

«La ‘dittatura delle metriche’, spiega Jerry Muller, ci spinge a misurare solo la cosa più facile da misurare, e non quella che veramente conta; a privilegiare i risultati a breve termine, a discapito della visione di lungo periodo; o ancora, ci costringe a standardizzare i processi, riducendo la nostra creatività e la capacità di reagire agli imprevisti».


Come applicare concretamente questi due insegnamenti e uscire dalla dittatura delle metriche, per fare ricerca e analisi per davvero?

Prima di tutto partiamo dall’esplorazione del campo, il più possibile libera e non orientata. Come spiego nel mio saggio Libera il futuro devo imparare a mettere in discussione la mia prima impressione, soprattutto quando è una reazione forte.

Devo imparare a disimparare, perché a cambiare più velocemente di prima non è la tecnologia, è la società.

Guardiamo un altro dato, sul mercato del lavoro USA: la riga tratteggiata, quella che sale veloce, è il tasso di “private quit”, cioè di persone che lasciano volontariamente il lavoro per trovare qualcosa di meglio. Uno dei primi cambiamenti portati dal Covid19, quindi, pare essere la liberazione dall’idea del lavoro a tutti i costi. Per ora.

Esplorare liberamente vuol dire non essere mai convinti di nulla, mettere tutto in discussione, andare a vedere in profondità senza limitarsi ai miei più acerrimi nemici, impressioni & aneddoti. Alla fine dell’esplorazione, dotata di una mappa della situazione – anche letteralmente – scelgo cosa guardare e cosa misurare. Isolo una porzione di immagine e costruisco la mia posizione lì dentro, solo che questa volta la cornice la disegno io. Tratteggiata, che non diventi un recinto. E magari evitando gli spigoli delle forme artificiali, disegnando intorno al mio posizionamento un arabesco, un geoide, un fiore. 


Foto di apertura di Marco Bicca su Unsplash