Google keynote commentati

Inspiegabilmente, visto che a me quello di Google sembra sempre di più un piano a lunghissimo termine, il keynote di Google ha generato molta meno hype mediatica rispetto all’F8 di Facebook. Eppure gli annunci da Mountain View sono da tener d’occhio. L’annuncio ufficiale è qui, sul blog ufficiale di Google.

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Google assistant

Con la «a» minuscola, come fa brillantemente notare Ben Thompson, che motiva la scelta spiegando che in quel minuscolo ci sono delle scelte strategiche. A cominciare dalla necessità di non personalizzare il bot. Perché, sì, il Google assistant non è nient’altro che un bot. Il bot di Google (e guarda un po’, pochi giorni dopo è nato il Bing concierge), quindi, cede alla tentazione  – che sembra quasi imprescindibile, oggi – di dare agli utenti esperienze conversazionali che simulino le chiacchiere umane. Ma dall’altra parte si preserva dal diventare troppo personale (non ha un nome, non è come Siri, per capirci. Questo, probabilmente, per evitare troppe aspettative che per il momento sarebbero disattese, come dimostra la mia esperienza con il bot della CNN).

Il Google assistant non farà nient’altro che evolvere quel che Google fa già. Ovvero: fare il motore di ricerca. Sarò anche un tradizionalista, ma credo che la forza di un motore di ricerca stia nella capacità di offrire all’utente le risposte che cerca in tempi rapidi ma anche con semplicità minimalista. Quindi, quel tempo in cui Google era solo dieci link blu e un abbozzo di snippet a me non dispiaceva affatto. La conversazione, con un motore di ricerca, mi sembra un orpello superfluo.

D’altro canto, non posso non fare i conti con il fatto che molte persone scrivono domande di senso compiuto su Google. E anche Google non può non farci i conti.

Il fatto di non personalizzare l’assistente e di renderlo un’evoluzione di quel che Google fa già mette anche al riparo dal rischio di fare un buco nell’acqua e consente una rapida retromarcia qualora le cose non andassero come dovrebbero.

Questo apre scenari anche sul futuro dei motori di ricerca, che fatalmente potrebbero diventare anche vocali, integrandosi con le funzioni testuali, soprattutto per le ricerce local e in mobilità. Il che non significa che le funzioni testuali scompariranno, per capirci. Ma che il Google vocale sarà sempre più probabile.

L’esempio offerto da Sundar Pichai riportato da Reuters è più che calzante

«Ti puoi trovare davanti a questa struttura a Chicago [il Cloud Gate, ndr] e puoi chiedere a Google chi l’ha disegnata e lui capirà il contesto e risponderà che il nome del designer è Anish Kapoor»

Google Home

Oggetto il cui rilascio è previsto per l’autunno, senza ancora dettagli sul prezzo. Di fatto è la rappresentazione materiale del Google assistant. Va usato in casa. Tipo applicazione di domotica

App di messaggistica

Poi, anche a Mountain View si sono convertiti alle app di messaggistica. Allo servirà per comunicare sia con il Google assistant sia con i propri amici (sempre che la usino, ovvio). Il che significa che potrebbe integrarci anche con il proprio calendar e con altre funzionalità di Google (chatti, vuoi sapere se sei libero domani sera, ecco fatto). Duo, invece, è per le videochiamate uno-a-uno. Quindi, in un certo senso, Allo è una specie di concorrente di WeChat e Duo di Facetime.

Come fa brillantemente notare Dave Pell:

«Eravamo abituati ad avere centinaia di società tech che lavoravano su progetti diversi. Adesso ne abbiamo cinque che fanno tutte le stesse cose».

Le peculiarità – Ciascuna, però, avrà le proprie peculiarità e difficilmente riuscirà ad avere la meglio sulle altre. L’e-shop è nel DNA di Amazon. L’intrattenimento in quello di Facebook. Le search sono la vita di Google. Chi resta coerente vince. E Google dovrebbe averlo imparato con il fallimento sostanziale di  G+. Staremo a vedere.

Il vantaggio di Google

Se il grande vantaggio di Facebook risiede nel valore dei dati che ha raccolto a proposito degli utenti che rimarranno intrappolati nella sua gabbia dorata, Google ne ha un altro che gli consentirà di costruire un walled garden più evoluto, che esulerà dalla sua funzione specifica. Cioè: il walled garden di Google, più facilmente di quello di Facebook, si potrebbe tradurre in oggetti concreti, commercializzabili e utilizzabili nella vita vera. Facebook punta sull’esperienza immersiva della realtà virtuale (perché vuole diventare internet). Google, per adesso (anche se ha lanciato anche le anticipazioni di Daydream, la sua realtà virtuale, punta sugli oggetti concreti che ti assistono nella vita vera.
Sono due visioni diverse del mondo, ugualmente monopolistiche e senza controllo. Il fatto è che Google dovrebbe avere, grazie alla sua funzione primaria di motore di ricerca, una marcia in più nella comprensione del linguaggio naturale.