Google diventa un motore di scoperta

A settembre 2018 Google, silenziosamente – ma nemmeno troppo per il mercato USA – ha messo in piedi una modifica epocale che stava preparando da tempo e che sarà la risposta finale all’operazione di integrazione fra i risultati personalizzati nelle SERP, la possibilità di gestire il knowledge graph per la cura della propria presenza digitale e il tentativo di diventare social (tutti temi che svisceriamo nel quaderno SEO).

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Google ha introdotto un feed. Gli ha dato un nome: Google Discover. Lo ha fatto diventare – per il momento in Google USA – parte integrante della propria homepage.

Sì, quell’oggetto che per un paio di decenni abbiamo apprezzato per il suo minimalismo, la home bianca con il logo, la barra di ricerca e quei due pulsanti, “Cerca con Google” e la mascotte “Mi sento fortunato” potrebbe non essere mai più la stessa.

Per il momento, se vuoi vedere con sicurezza l’oggetto Discover, devi usare la App di Google sul tuo smartphone (se hai Android, vai sulla home di Google e naviga come se fossi negli USA, impostando Stati Uniti per i risultati di ricerca: dovrebbe funzionare).

Scoprirai, sotto alla barra di ricerca, un mondo di contenuti che Google ti propone nella modalità di flusso a cui siamo stati abituati dalle piattaforme social. Eccolo qua.

Con gentilezza, Google ti chiede anche se alcune delle schede che ti mostra ti siano utili.

Devo ammettere che il risultato è impressionante: Google sa di me molto più di quanto non sappia Facebook. Il che è abbastanza ovvio, visto che ha la mia mail da quando esiste Gmail, visto che ho un account YouTube, uso Google Drive e uso Google come motore di ricerca.

Il cambiamento è epocale, anche se può sembrare una semplice operazione di maquillage, come spiega sul blog ufficiale di Google Ben Gomes in un pezzo che chiarisce l’ambizione fin dal titolo. Cambiare il mondo della ricerca di contenuti così come lo conosciamo per guardare ai prossimi vent’anni.

I tre cambiamenti principali sono:

  • Il passaggio dalle risposte al viaggio. Abbiamo parlato molte volte del fatto che Google sia un motore di ricerca che nel tempo si è trasformato in un motore di risposta. È un’esperienza che hai sicuramente vissuto anche tu quando hai fatto delle ricerche che Google può trasformare rapidamente in risposte visive senza farti “uscire da sé” (come, ad esempio, meteo ad Amsterdam oggi). Con questo cambiamento, Google prova a fare un passo ulteriore verso il suo diventare un motore di scoperta.
  • Il passaggio dalle query all’accesso all’informazione senza query. È il passaggio – o meglio, il tentativo – di riunificare all’interno di un’unica esperienza il mondo della bisogno consapevole e il mondo della domanda latente. È una mossa molto aggressiva nei confronti di Facebook ed è forse la mossa più concorrenziale che Google potesse fare. Mentre Facebook tenta di trasformarsi anche in motore di ricerca ma rimane un motore di scoperta, Google potrebbe fare il passaggio inverso, essendo andato per gradi (ricerca –> risposta –> scoperta) in maniera più agevole. Questo non significa che Facebook sia morto, naturalmente.
  • Il passaggio dal testo ad un’informazione più visiva, in linea con le tendenze più recenti riguardo alla fruizione, al consumo, alla produzione di contenuti.

Per chi si occupa di SEO, motori di ricerca e, più in generale, di comunicazione (digitale), questo cambiamento è una notizia davvero importante perché dovrebbe porre fine, una volta di più, alla caccia alle keyword.

Dopo averlo visto dal punto di vista di chi utilizza, cosa cambia, invece, per chi pubblica contenuti?

Per il momento, a quanto pare, possono accedere a questa funzione tutti coloro che rispettano i requisiti per Google News. Nel pezzo di supporto a Google Discover, Google specifica una cosa davvero interessante (ci si può credere o meno, ma tutto sommato è quello che andiamo predicando da anni):

«Non ci sono metodi che consentono di migliorare il ranking delle tue pagine, se non quello di pubblicare contenuti che ritieni possano interessare agli utenti. Non occorrono né tag speciali né particolari dati strutturati per l’inclusione in Discover: le tue pagine sono idonee semplicemente se Google le indicizza e soddisfano le norme relative ai contenuti di Google News. Non occorrono tag speciali o dati strutturati. Google stabilisce il ranking dei contenuti di Discover tramite un algoritmo basato sulla qualità dei contenuti e sulla corrispondenza più o meno alta tra i contenuti della pagina e gli interessi dell’utente».

Nonostante l’allergia per la parola “utente”, riporto alla lettera quel che scrive Google, perché è fondamentale per scappare, una volta per tutte, dall’illusione che la SEO si faccia tirando giù elenchi di keyword.

Chissà, forse è finita davvero l’era dei trucchi ed è iniziata quella che da queste parti aspettiamo da almeno quindici anni: l’era del fare le cose bene mettendo le persone al centro.

Anche Giorgio Tave ha dedicato un capitolo del suo Fast Forward a questa modifica. Ti consiglio di ascoltarlo.

(AP)