Futuro impagabile

«Amico, questa me la paghi». Un semplice esempio, ma per dire che tutto sconsiglierebbe di mettere Amici e soldi nella stessa frase. O peggio, nello stesso business model.

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Eppure l’epoca dei social è riuscita a far cadere anche questo tabù.

Negli ultimi cinque anni sono nate molte le applicazioni mobile per smezzare le spese, molte quelle di pagamento.

Quali funzionano?

In apparenza sembrano tutte uguali. Le banche sono il campione da battere, visto che detengono da sempre una sorta di monopolio naturale sui pagamenti. Cartasì, Mastercard, Maestro servono molti operatori bancari, altri se ne sono costruiti di proprietari. Eppure hanno perso progressivamente molto terreno e il campione da battere viene regolarmente battuto. Prima sono arrivati Moneygram e gli altri operatori per le rimesse degli emigranti. Commissioni altissime ma successo enorme. Solo in Italia e solo nel 2016 la torta vale 64 miliardi.

Perché le soluzioni verticali non funzionano granché? La mia risposta è: perché fanno solo quello. Pagare è noioso, andare in banca è noioso. Quali sono i nuovi dominatori?

Quelli che meglio riescono a mimetizzarsi fino a scomparire nelle conversazioni tra persone.

La formula magica è sempre quella: smessaggiarsi Zio! Nascondere i pagamenti in una chat funziona. Pagare è quel che fai in background mentre stai seguendo altri progetti.

La buona notizia (perché c’è una buona notizia) è che esiste un’impresa italiana che in pochi anni è cresciuta talmente da entrare a far parte della classifica Forbes 100 per il Fintech, ovvero nel gotha delle aziende più innovative al mondo secondo KPMG e H2 Ventures, categoria emerging stars.

Si chiama Satispay e in apparenza fa esattamente lo stesso lavoro di una app di pagamento bancaria.

Tu associ il tuo conto corrente bancario al tuo account sulla app, decidi un budget settimanale (da 50 a 2000 euro) e inizi a pagare nei negozi convenzionati. Con una intelligente campagna di espansione coordinata in partnership con le banche di credito cooperativo, Satispay è riuscita a togliere una grossa fetta di mercato ai circuiti delle carte di credito. In questo momento in Italia un pagamento via cellulare su due avviene tramite Satispay. Alla fine della settimana Satispay ti ricarica il conto (coi tuoi soldi ovviamente 🙂 ). In pratica conguaglia dal tuo conto corrente i soldi per ripristinare il budget settimanale.

Per i privati il servizio è totalmente gratuito. Per le aziende (negozi in primis) le commissioni scattano oltre lo scontrino di 10 euro, con costi inferiori alle carte di credito.

Ci sono due aspetti interessanti: il primo è il cosiddetto cashback. Cos’è? Una politica di fidelizzazione che ti riaccredita una quota compresa tra il 10 e il 30% di quanto hai speso. Hai speso 100 euro per il pranzo di Pasqua? Se è attiva in quel momento l’opzione cashback del 30% spendi comunque 100 euro ma ti vengono riaccreditati 30 euro sul telefono.

Secondo Alberto Dalmasso, CEO di Satispay che abbiamo incontrato qualche giorno fa nella sede milanese dell’azienda al Fintech District, è un’alternativa flessibile ed economica alle carte fedeltà. Non tutti gli esercizi commerciali hanno le risorse o la voglia di attivare una politica di scontistica e fidelizzazione proprietaria e il cashback è un ottimo sistema per ottenere lo stesso risultato senza dover progettare niente di tuo.

La seconda cosa interessante è che tutti i pagamenti vengono regolati contabilmente con un’unica operazione alla fine della settimana. Con un’unica voce contabile sul conto corrente. Sembra un dettaglio ma è la classica soluzione semplice e super agile che risolve tantissime complicazioni a livello gestionale.

Tu pensi: Satispay non mi sembra poi tanto diversa da Apple Pay o da Paygo, la app di pagamento via smartphone di Banca Intesa (ne ho scelta una a solo titolo di esempio).

Ti sembra, ma è molto diversa. Satispay è una piattaforma di messaggistica per pagare e per trasferire soldi tra privati (ad esempio per dividere il conto in pizzeria con gli amici. «Ma anche iMessage e altre piattaforme consentono di inviare denaro». Sì, ma Satispay ha alcune caratteristiche delle community (e siccome nulla è per caso, ieri abbiamo iniziato a consolidare un percorso di formalizzazione delle tecniche di mantenimento, cura, crescita di una community).

A partire dall’esperienza (e dall’interfaccia). James Kenneally, il grafico australiano del progetto, si è inventato per esempio un cane che scodinzola in stile Muttley ma un po’ più puccioso.

Quando paghi il negoziante visualizza il tuo nome di battesimo. Altro dettaglio, ma è bello sentire «grazie Filippo» dal macellaio che ti ha sempre semi-perculato con un «esimio!».

Su Wolf abbiamo già affrontato il tema nel numero 290 quando abbiamo parlato della app di Telegram e di WeChat Pay.

Però attenzione: non basta capire che la conversazione è gradevole. In questo è istruttivo l’equivoco BuddyBank di Unicredit: ha preso alla lettera il concetto di «Smessaggiarsi Zio!». Ma c’è un particolare: Io non sono sicuro di voler chattare con la mia banca e i suoi concierge. Io voglio chattare coi miei amici. Però diamo una menzione della giuria per il coraggio.

[continua]