Frantumaglie Wolf. 185

Il paywall funziona o no?

Paghiamo o no l’informazione digitale? Il Financial Times dice di aver visto «una decisa crescita» degli abbonamenti a pagamento nel 2016 e Felix Richter, guardando i dati del settore, commenta che non sono quelli andati meglio.

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«Guardando questi dati emergono due conclusioni: prima di tutto sembra che molte persone abbiano accettato il fatto che vale la pena di pagare il contenuto digitale, secondo sembra che ci sia ancora richiesta per un’informazione di qualità, nonostante gli sforzi di Trump per minare la credibilità della stampa»
(mia traduzione)

Buone notizie? Decisamente, anche se, visto le esperienze italiane, è doveroso tenere presente la fonte di questi dati: «company reports», cioè le aziende stesse. Bene quindi, nel senso di: speriamo bene.

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«I dati ci hanno tradito»,

dice l’information designer Giorgia Lupi in questo TED: è l’occasione per chiedersi se sia proprio tutta colpa dei numeri o se siamo noi umani, invece, a renderli insignificanti se non fuorvianti. Se il tema ti appassiona Giorgia ha pubblicato il bellissimo Dear Data e sta lavorando per dare corpo al «Data Humanism»: «the revolutions will be visualized».

data humanism

Guarderemo le partite su Amazon?

Pare di sì, visto che negli Stati Uniti ha appena comprato i diritti per dieci partite di football per circa 50 milioni di dollari. «Non è la RAI», ormai la tv è di Prime contro Netflix.

Tantissimo clamore per Clips,

la nuova app di Apple. Per Antonio Dini «Clips riprende alcuni elementi strutturali di iMovie e GarageBand» e «segue l’idea che lo strumento che si utilizza per la creatività sia “invisibile”, scompaia tra le mani dell’utilizzatore e permetta di liberare al massimo gli istinti e le competenze di chi ci lavora: il senso estetico, le pulsione, le idee, la sensibilità.» Come molte proposte di Apple sembra semplice (e da usare lo è).