L’AMA su Reddit di Francesco Costa

Diciotto giorni fa è successa una cosa interessante. Subito dopo la sua nomina a vicedirettore del Post, Francesco Costa ha lanciato il suo AMA su Reddit. Un AMA (acronimo che sta per Ask Me Anything) è una sessione speciale sulla piattaforma di social news Reddit in cui un personaggio pubblico si mette a disposizione della comunità e risponde alle domande degli utenti per qualche ora.

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La decisione di Francesco Costa è molto interessante. Per tante ragioni. Prima di tutto perché è il segnale di un’attenzione, quella de il Post, nei confronti di Reddit, una piattaforma che ormai ha dieci anni di vita alle spalle e che è molto frequentata da una fascia di utenti che dovrebbe interessare non soltanto il Post, ma anche tutte le altre fonti di informazioni italiane.

Reddit, fondata nel 2005 da due studenti di poco più di 20 anni e ora di proprietà di Condé Nast, si autodefinisce «a source for what’s new and popular on the web» ed è una piattaforma complessa e sfaccettata, una immensa comunità composta di migliaia di piccole nicchie specializzate e focalizzate. Per farsene un’idea basta guardare qualche numero: ha circa 36 milioni di utenti registrati (dato di giugno 2015) e, nell’ultimo mese (gennaio 2016), ha attirato 231 milioni di utenti unici, che hanno visualizzato più di 8 miliardi di pagine, in 217 paesi nel mondo. Ognuno può postare quel che vuole, creare qualsiasi tipo di discussione o gruppo, che scorrerà sulla home page a seconda del rating che ottiene in base al voto degli utenti stessi. Interessante eh? Fateci un giro.

Di AMA famosi ce ne sono stati parecchi negli anni. Lo ha fatto Barack Obama — facendo crollare il sito per qualche ora a causa del traffico — Bill Gates, Paul Krugman e tantissimi altri tra attori, cantanti, politici e star di vario genere. E se anche Francesco Costa non è né un presidente degli Stati Uniti, né la persona più ricca del mondo, né un Premio Nobel per l’Economia, il suo AMA ci interessa molto per un motivo sopra tutti: proprio per la natura di Reddit, infatti, le domande che gli sono state fatte dagli utenti sono in media decisamente migliori di quelle che gli avrebbe posto un giornalista generalista.

Durante le oltre cinque ore in cui Francesco Costa è stato disponibile a rispondere alle domande della comunità di Reddit sono stati generati 280 commenti al suo AMA. La maggior parte delle domande ha riguardato il presente e il futuro del Post e del giornalismo italiano in generale, mentre il restante ha riguardato le elezioni americane, di cui Costa è molto esperto. Ho escluso le seconde. Ecco quello che è venuto fuori.

Chi è Francesco Costa

Come hai iniziato?

Ho aperto un blog nel 2003 (sulla piattaforma Bloggers.it, ora defunta, come quel mio blog). All’epoca i blog erano una cosa e in un po’ di tempo quel blog si guadagnò un suo seguito microscopico ma gratificante. Da lì ho cominciato a scrivere per qualche piccolo sito, gratis, e poi su un piccolissimo giornale cartaceo, sempre grazie a persone conosciute su internet attraverso il blog.

Nel frattempo mi sono trasferito a Roma (a questo punto era il 2007) per prendere una laurea specialistica in editoria alla Sapienza e magari conoscere qualcuno dell’ambiente che potesse darmi dei consigli (non avevo né amici né parenti che avessero lavorato in questo settore). Durante l’estate del 2008 ho fatto la cosa un po’ ingenua di stampare un po’ di miei articoli e mandarli per posta tradizionale a una montagna di giornali italiani, penso tutti.

Dopo un mese mi hanno chiamato dall’Unità, dove si era insediata da poco come direttrice Concita De Gregorio: li aveva letti e si era incuriosita (ovviamente non sapeva chi fossi). Mi hanno fatto un colloquio e poi mi hanno offerto un contrattino da sei mesi come «moderatore dei commenti» – ma con la possibilità di lavorare in redazione e scrivere ogni tanto – rendendomi la persona più felice del mondo. All’Unità sono poi tornato come giornalista vero e proprio prima di trasferirmi a Milano per lavorare al Post.

Che percorso universitario hai fatto? Cosa sono state le esperienze che ti hanno aiutato di più dopo l’università e ad affermarti nel mondo del giornalismo?

Ho una laurea triennale in Scienze Politiche, conseguita a Catania. Ho iniziato una laurea specialistica in Editoria e scrittura alla Sapienza, a Roma, ma l’ho mollata dopo un anno quando ho iniziato a lavorare all’Unità (anche perché in quell’anno avevo capito che non mi sarebbe servita a molto). Le cose più utili che ho fatto sono state sicuramente leggere una montagna di cose ogni giorno (cose giornalistiche, dico) e aprire un blog.

Hai lavorato per altri giornali?

Se parli proprio del lavoro in redazione, e non di collaborazioni e cose del genere, ho lavorato all’Unità e a Internazionale, prima del Post.

Sulla qualità e sulla sostenibilità del giornalismo online

Quanto guadagnano i giornali online con la pubblicità? Molti utenti usano Adblock o simili: come affrontate il problema? Come pensa possa evolvere, in questo senso, l’editoria?

I giornali online fanno ancora pochi soldi in rapporto ai loro lettori (sulla carta per esempio è ancora il contrario: si fanno molti più soldi con molti meno lettori). Quindi per farcela bisogna fare numeri molto grossi e tenere i costi molto bassi, che è quello che cerchiamo di fare noi per adesso (e fin qui ha funzionato: i nostri conti sono andati in pareggio lo scorso anno).

Più in generale, io penso che la pubblicità online oggi sia molto arretrata dal punto di vista tecnologico. Pensa a quante cose sono cambiate online negli ultimi vent’anni, e la pubblicità è ancora lì con i banner e i popup: nel migliore dei casi i lettori li ignorano, nel peggiore neanche li vedono grazie agli adblockers. Il problema è che un altro modello di business per le news online non è ancora venuto fuori, ma un certo punto sarà necessario. Qualche esperimento si sta già vedendo, dal native advertising ai vari diversi modelli di pagamento delle news online.

 Cosa ne pensi di The Post Internazionale? Sono i vostri più diretti concorrenti? (sappi che apprezzo la sincerità)

I nostri diretti «concorrenti» sono Huffington Post, Wired e Fanpage. The Post Internazionale non lo leggo, onestamente, e non so che numeri faccia: non credo siano censiti da Audiweb.

Il giornalismo italiano sembra aver perso qualità con l’arrivo di internet: le versioni online delle grandi testate non propongono spunti di riflessione interessanti, sembrano aggregatori dei tweet delle celebrità (o articoli esteri) o contenuti virali e vi è un controllo minimo delle fonti che porta alla diffusione capillare di bufale. Da insider, qual’è il tuo punto di vista in merito e cosa si potrebbe fare?

È un tema da scriverci un trattato, quindi ti dico solo un motivo dei tanti che si potrebbero citare. Dicevo prima: la pubblicità online rende ancora pochissimo rispetto al numero dei lettori, quindi per stare in piedi bisogna fare numeri enormi. E quindi vanno per la maggiore le scorciatoie per arrivare a quei numeri enormi: gli articoli divisi in 8 pagine, le gallery delle vip senza trucco, i video di gattini, le bufale, gli allarmismi, etc. Ma davvero questa mia non è una risposta completa.

Pensi che la contrazione delle vendite di giornali sia solo legata alla crisi economica o c’entra anche la concorrenza di nuovi servizi di informazione?

Entrambe. C’è la crisi dei giornali come fenomeno industriale (si vendono meno copie, entra meno pubblicità, quella che entra paga meno, etc) e c’è una crisi del giornalismo (scarsa qualità, scarsa affidabilità, etc). Internet ha reso l’informazione a pagamento rimpiazzabile (mettendo in crisi il modello di business) e senza qualità è difficile convincere le persone a spendere 1.50 al giorno per un quotidiano. Spesso ognuna di queste crisi viene usata come alibi dell’altra e quindi non se ne risolve nemmeno una: «facciamo cose di scarsa qualità perché non abbiamo risorse!», «non abbiamo risorse perché facciamo cose di scarsa qualità!»

Incappi in un blog X che non conosci e parla di Y, quali sono le 3 cose che vai a vedere per capire se è una fonte valida?

Chi è? Su che basi dice quello che dice? Conosco qualcuno che può confermare quello che dice?

Sei un blogger da 10 anni praticamente, come è cambiato secondo te il panorama dei blog italiani nel corso di questa decade?

Beh, più che «cambiare» il panorama dei blog è morto o quasi. In parte inglobato dai siti dei giornali, in parte fagocitato dai social network.

Come vedi il mondo delle testate online in Italia e cosa pensi delle novità introdotte dal Corriere?

Il mondo delle testate online si barcamena, ma ci sono molte cose interessanti: soprattutto in quelle slegate dai grandi giornali (Post escluso, dico). Sul Corriere ho risposto più ampiamente sopra, mi pare una strada che nella loro posizione valga la pena tentare.

Perché ultimamente parecchie testate giornalistiche, specialmente sui siti web, scrivono bufale e cazzate attiraclick invece di fare il loro lavoro e portare notizie valide e verificate?

Un po’ per pigrizia: a volte per verificare le cose bisogna sbattersi un po’. Un po’ perché certe storie strano-ma-vero sono troppo belle (e infatti sono false) ma si preferisce non rovinarle dubitando. Un po’ perché ai lettori piacciono da morire (sapessi quante clic fanno cose tipo la donna con tre tette) e la pubblicità online paga pochissimo, quindi è una scorciatoia per attirare clic e restare in piedi. Le strade alternative ci sono ma sono molto più impervie e rischiose.

Le maggiori testate italiane pubblicano di continuo notizie false, ma non subiscono grandi contraccolpi in termini di vendite o successo. Se qualcuno afferma pubblicamente qualcosa di falso (che viene verificato come falso), di solito non subisce alcuna conseguenza in termini di immagine o credibilità. Perché in Italia il fact-checking e la verifica delle notizie non contano nulla in termini di credibilità e successo di una persona (o di un giornale)?

Beh, se vai a vedere i trend di copie vendute delle grandi testate negli ultimi anni, il contraccolpo c’è eccome. Poi naturalmente non sono le bufale e basta, c’è in generale un mezzo visto come obsoleto e non più indispensabile, e una credibilità deteriorata. Io ti posso dire che la cosa che ci viene più detta dai lettori del Post è che apprezzano il fatto che cerchiamo di stare attenti, e noi dopo cinque anni siamo ancora qui e non era affatto scontato (anzi) quindi qualcosa conta.

Sul Post

Che ambiente è Il Post?

Molto molto informale, allegro e familiare. È un posto in cui non c’è «l’ufficio del direttore», per capirsi, e finito di lavorare capita che qualcuno (ehm) resti per giocare alla Playstation. Quasi tutti tra i 22 e i 33 anni.

Quando frequentate /r/italy per pescare news o avere sviluppi su vari articoli, vi fate mai due sghignazzate vedendo i nostri commenti / meme sullo «stagista»? O vi fa arrabbiare / lascia indifferente / non sapete di cosa sto parlando?

Frequento /r/italy e Reddit in generale perché ci trovo cose interessanti, non solo per lavoro, ma certo che mi fanno sorridere le cose sul famigerato stagista (e avete ragione a infastidirvi quando in presenza di contenuti prodotti da voi la fonte non viene citata).

I giornali dovrebbero essere i primi a «lavorarsi» le notizie? Se le notizie che danno sono prese (anche nella massima legalità) da siti gia’ pubblici, non si perde un po’ il ruolo di un giornale?

Non credo sia più così. Oggi un giornale deve anche (ho detto «anche», non solo) scandagliare quello che succede online, selezionare e proporre ai suoi lettori le cose che reputa interessanti. Ovviamente ci sono mille punti di vista diversi possibili, e questa selezione può essere fatta nei modi più corretti o scorretti possibili, e (anche) su questo i lettori giudicano le testate.

Seguite mai (tu e/o la tua redazione) il blog di Paolo Attivissimo? Spesso riporta svariate castronerie scritte dalla stampa italiana, specialmente in materia di scienza, e la situazione pare veramente desolante. Noto che sempre piu’ spesso dopo una sua segnalazione, il giornale di turno corre ai ripari aggiustando l’articolo. Come funziona la cosa? Ricevete anche segnalazioni da altri siti? A qualcuno vengono tirate le orecchie quando capita, o e’ una cosa in qualche modo accettata?

Certo che lo seguiamo, ma devo dirti sinceramente che non credo ci abbia mai citati per aver pubblicato una bufala. Ovviamente anche noi ogni tanto sbagliamo, non siamo dei robot, ma spesso si tratta di imprecisioni che ci affrettiamo a correggere non appena le scopriamo: bufale-bufale no. Noi le bufale cerchiamo di smontarle.

Questa vale come bufala?Anche se devo riconoscere che siete uno dei pochi giornali, se non l’unico, che fa un post di scuse, soprattutto così lungo.

Sì, vale. Non ti dico le bestemmie.

Qual è la percentuale di articoli scritti da giornalisti del Post vs percentuale di articoli tradotti da testate estere?

Gli unici articoli che traduciamo sono quelli del Washington Post, con cui abbiamo un accordo, e raramente sono più di due al giorno a fronte di 40-50 cose pubblicate.

Non credi che i titoli che usate negli articoli—che spesso ricalcano troppo lo stile/sintassi statunitense—alla lunga possano stancare?

Capisco che possa accadere, può darsi. Ma conta anche che sono così diversi dai titoli che fanno la gran parte degli altri giornali – così come in generale la nostra scrittura, vedi qui – che hanno contribuito a darci un’identità e una riconoscibilità, che per un giornale nato da zero nel 2010 è una cosa molto preziosa. Cerchiamo comunque di migliorare sempre e di evitare l’effetto «maestrini», che non ci piace.

Credo davvero che tante volte i titoli del Post siano troppo «pedanti» e, senza troppi giri di parole, tendano a farti sentire un po’ un coglione.

Io penso al contrario che i vari titoli «le mestruazioni spiegate bene» siano un modo per dimostrare che la redazione crede nell’intelligenza dei lettori, della serie: «OK, in questi giorni girano notizie, a volte contraddittorie, su questo argomento. Sappiamo quanto sia difficile districarsi tra le miriadi di fonti nel web e non solo, che magari riportano solo una parte, un episodio della storia. Noi ci siamo sbattuti per cercare di capirne più e per semplificarvi la vita vi riportiamo una spiegazione il più possibile chiara».

Come mai traducete solo dal Washington Post e non da altri giornali come FT, NYT eccetera?

Perché ognuno di questi accordi ha un costo. Magari un giorno ce ne potremo permettere altri.

Quanto ci mettete a scrivere un articolo lungo tipo «Come nascono i vaccini»?

Diversi giorni. Quello ha comportato una visita di due giorni sul posto e poi almeno una settimana di lavoro successivo.

Cosa succede nella redazione del Post all’arrivo di una Breaking News stile quella di Novembre a Parigi? Vi riunite per seguire l’evento o vista l’ora aggiornate da casa?

Nessuno viene «chiamato» a lavorare, salvo casi eccezionali: a parte chi stava già lavorando, in casi del genere è sempre successo che man mano che i redattori si accorgono di cosa sta succedendo – molto presto, abbiamo notifiche varie e chat di redazione su Skype e Whatsapp – arrivano online o direttamente in redazione. Il venerdì notte di Parigi eravamo in maggioranza a casa (ma qualcuno in redazione c’era), il giorno dopo invece in redazione, anche chi non avrebbe dovuto lavorare, e così anche la successiva domenica.

Sono un lettore assiduo del Post, specialmente per lo stile con cui è scritto. È evidente che la maggior parte degli articoli del Post riprende agenzie o articoli di altri giornali, insomma fate cose che si possono fare di fronte a un computer. C’è la possibilità che, in futuro, il Post diventi più «attivo» nella ricerca di notizie? (Ci sono probabilmente dei termini giornalistici specifici che non conosco per descrivere questa cosa).

Non solo è una possibilità ma è in programma. Lo stiamo già facendo in realtà, piano piano. È un problema di risorse e costi: i contenuti di cui parli sono contenuti che al momento si fanno praticamente in perdita. Ma ci stiamo lavorando.

Più in generale, conta che la grandissima parte dei giornali italiani è fatta da anni di aggregazione di cose altrui, non solo il Post: che siano notizie pubblicate dalle agenzie, cose arrivate con comunicati stampa, reazioni ad altri articoli, tweet o video, storie riprese da giornali stranieri, anticipazioni di libri, etc. Poi tutto dipende da come lo fai (se citi la fonte o no, se scopiazzi o ci aggiungi del tuo, se fai delle verifiche, etc).

A tuo avviso, quale modello editoriale dovrebbe avere Il Post? O quale ti piacerebbe avesse?

Questo, migliorato e arricchito come abbiamo in programma di continuare a fare. Se invece parli di «modello di business», qualsiasi modello che possa tenere in piedi la baracca senza venir meno alle cose che abbiamo a cuore (precisione, affidabilità, originalità, crescita dei lettori, etc).

Una volta sul Post prendevate articoli da più testate statunitensi ora c’è una netta prevalenza del WP non pensate che sia un impoverimento dell’offerta?

In realtà continuiamo a leggere più cose che possiamo, e riprendere, approfondire, etc, le cose che più ci interessano come abbiamo sempre fatto. Gli articoli del WP sono invece gli unici che traduciamo (fino a qualche tempo fa anche Slate, ora non più) e quindi ne facciamo un uso più regolare.

Non pensate che in generale per maggiore completezza sarebbe opportuno basarsi anche su fonti informative non anglofone?

Sicuramente. Lo facciamo già con il francese e lo spagnolo ma è una cosa su cui possiamo migliorare.

Avete mai pensato di pubblicare su carta vista l’alta base di utenti che legge e apprezza il vostro quotidiano?

No, il mondo sta andando da un’altra parte.

Negli ultimi anni sempre più testate giornalistiche online stanno abbandonando il modello gratuito con pubblicità per sperimentare soluzioni di abbonamento o semigratuite, vedi la recente introduzione di un paywall nel sito de Il Corriere Della Sera. Da giornalista e vicedirettore di un quotidiano online di importante rilievo nazionale come reputi questa mossa?

Mi sembra un tentativo interessante e sensato, se sei il Corriere della Sera. Il nuovo sito è molto più bello e pulito del precedente. Forse avrei aspettato un po’ prima di «chiuderlo», proprio per mostrare ai lettori quanto sia diverso da prima: ma è vero che l’abbonamento il primo mese costa 0,99.

Avete mai pensato di introdurre qualcosa di simile anche voi?

«Pensato» sì, certo, qualunque giornale nel 2016 ci ha pensato. Ma ci sono molte sfumature possibili anche in sistemi del genere – quello del NYT è diverso da quello del Guardian ed entrambi sono diversi da quello del Corriere, per fare solo due esempi – e in generale vorremmo evitare di limitare le possibilità di crescita numerica dei lettori del Post.

Quasi un anno dopo, quali sono i risultati della premoderazione dei commenti sul Post? Lo rifareste? (So che non ami particolarmente i commenti)

I risultati sono quelli preventivati: i commenti sono ancora lì (ieri l’articolo sulla storia delle statue ne ha messi insieme quasi 100), i flame, le cose sgradevoli, personali, etc, sono state eliminate o quasi. C’è un disagio per i commentatori, che devono aspettare prima di vedere i loro commenti, e un costo per noi, visto che la moderazione ricade sulla redazione. Ma lo rifaremmo.

L’home del Post come viene decisa? Come vengono decise le parole di oggi o gli articoli sotto la scritta “Il Post”? E l’ordine degli articoli?

La gerarchia degli articoli di norma la decido io (o il più «alto in grado”»se non ci sono io) sulla base delle indicazioni del direttore e di criteri e pensieri ormai comuni in redazione. Gli articoli sotto il logo (che noi chiamiamo “lanci”) sono responsabilità di una nostra redattrice, Arianna Cavallo, che tra le molte altre cose cura anche altri spazi della homepage (il box con le citazioni, per esempio, o i tag del giorno).

Mi pare che prima gli articoli fossero in ordine di pubblicazione, ma ora sicuramente non è così. In alternativa, esiste un metodo per conoscere gli ultimi articoli a parte la sezione «Ultimi articoli» alla fine della pagina?

Questo è un vero segreto industriale.

Ci fai giurin giuretta che farai guerra ai click-bait, al sensazionalismo, e al populismo, anche se questo comporta qualche guadagno in meno?

Giurin giuretta, ma lo facciamo da cinque anni (sul click-bait già c’è qualche sfumatura in più, ma è un discorso lungo: la cosa fondamentale per noi è non tradire la promessa che fai a chi ti legge, non so se sono chiaro).

Visto che il vostro modello di business è «pubblicità» perché non proporre un sistema di pagamento che elimini i banner e tutto il resto dal sito? Sarei ben disposto a pagare per avere un sito ancora più curato esteticamente, ma al tempo stesso mantenendo la pubblicità per chi non paga non perdereste incasso

È una possibilità di cui ogni tanto ragioniamo (anche se non è semplicissimo percorrerla).

Avete in programma evoluzioni della vostra testata?

Continue. Una delle molte cose che vogliamo fare quest’anno, per esempio, è rafforzare la nostra copertura sportiva: arrivano Europei di calcio e Olimpiadi. Ma vogliamo anche aumentare la nostra capacità di reporting e offerta di articoli originali.

Perché avete pubblicato l’articolo di Saviano contro Boschi, che era in aperta contraddizione con la linea garantista (e l’accuratezza giornalistica) tenuta dal Post in tutti questi anni? Non credi che la polemica del Post contro Italo per il Family Day sia stata un po’ esagerata, vista a sangue freddo?

Ci sembrava interessante quello che Saviano avesse da dire su quella storia, che non vuol dire che quella fosse necessariamente «la linea del Post» (altrimenti avremmo fatto un editoriale non firmato, come facciamo le rarissime volte che vogliamo esplicitare «la linea del Post» su qualcosa). Su Italo non abbiamo fatto nessuna polemica, abbiamo solo dato la notizia.

Ti farò una sola domanda: perché al Post ricorrete sempre, e in apparenza quasi esclusivamente, a fonti statunitensi e/o britanniche? Non discuto l’autorevolezza di tali fonti (spesso mi imbatto in vostri articoli che sono adattamenti o traduzioni di pezzi che magari ho già letto sul Guardian, l’Economist, Slate, il NYT, il WSJ—tanto per menzionare alcune vostre testate d’elezione). Vorrei però capire perché di rado citate fonti francesi, tedesche, giapponesi o scandinave: è la qualità che è molto inferiore oppure c’è dell’altro?

Un po’ si tratta di alcuni tra i giornali più letti e affidabili al mondo, un po’ c’entra il fatto che l’inglese è una porta d’accesso più facile. Ma stiamo cercando di migliorare su questo fronte, e conta che già oggi quando scriviamo di una storia indiana andiamo a controllare cosa dicono i giornali indiani, etc

Pensi che il Post abbia oramai massimizzato la sua diffusione all’interno della sua nicchia di potenziali lettori? o può crescere ancora diventando più mainstream?

Al di là delle mie opinioni, i nostri tassi di crescita anno su anno dicono che abbiamo ancora grossi margini. Secondo noi si può diventare “più mainstream” senza per questo diventare peggiori (o almeno quella è l’idea).

Avete intenzione di fare delle piccole pagine di informazione locali, visto che i peggiori quotidiani, a mio avviso, sono proprio quelli locali, e il vostro stile pulito, chiaro e veritiero renderebbe un servizio notevole.

Ci piacerebbe e ne abbiamo anche parlato, ma oggi non ne abbiamo le forze e non credo le avremo a breve. Continuiamo di tanto in tanto a occuparci di storie locali che possono avere un interesse generale, ma capisco che non è quello a cui ti riferisci.