Cos’è successo nel frattempo? Dalle conversazioni di Wolf all’analisi

Un modello di business rotto

Finché lo diciamo noi, potresti anche non crederci e pensare che sia una presa di posizione Ma quando lo dice anche Tom Standage (The Economist), dopo che lo ha detto Evan Williams (in merito, la settimana scorsa abbiamo proposto una doppia uscita a proposito di Medium, nei numeri 146 e 147), come la mettiamo?

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La mettiamo che lo diciamo una volta per tutte nella maniera più chiara possibile, sperando che poi diventi un mantra e che cominci ad andare di moda: il modello di business basato sull’advertising per monetizzare contenuti online è rotto. Non funzionerà a lungo termine. E gli oligopolisti diventeranno imbattibili.

Modello di business rotto

La Pagina Facebook di Wolf

Solo gli idioti non cambiano idea. Per questo motivo – e anche per farci su content marketingc’è anche la pagina Facebook di Wolf. Non è dedicata specificamente agli abbonati (per te che lo sei c’è già il forum, il gruppo su Facebook, il canale Slack – scrivimi se vuoi partecipare al canale). Non sarà però soltanto una pagina-vetrina. Ci faremo anche delle sperimentazioni che poi, come al solito racconteremo su Wolf, secondo il principio del facendo si impara (sì, è la traduzione in italiano, che funziona, del learning by doing!) e del facendo si impara e lo si racconta e condivide.

Il report di Mailchimp

Fra i tanti report che mi è capitato di vedere, quello di Mailchimp vale il tempo di lettura per come è fatto. E anche per i dati che propone: no, le newsletter non sono rinate ma non erano nemmeno mai morte. Sono vive e vegete, più o meno da quando esistono. A proposito: Mailchimp è lo strumento che abbiamo scelto per inviare Wolf e le newsletter di Slow News.

Premio G.A.C.

Serve più dialogo fra lettori e giornalisti. Lo dice anche un pezzo del Nieman Lab. Si tratta in realtà di un sondaggio condotto dall’Engaging News Project dell’Università del Texas e dal The Coral Project e rivolto ai lettori di 20 testate giornalistiche americane. Ora. Non voglio fare quello che dissacra ad ogni costo. Ma questi sono i risultati del sondaggio:

  1. l’81% dei commentatori sui siti di news vorrebbe che ci fossero chiarimenti alle domande nella sezione dei commenti
  2. il 73% dice che vorrebbe nei commenti «esperti» degli argomenti trattati
  3. quasi il 50% dice che vorrebbe che i giornalisti mettessero in evidenza i commenti di qualità
  4. il 58% dice che vorrebbe che i giornalisti contribuissero attivamente alla sezione dei commenti

Insomma. Questo significa che, secondo questo sondaggio, se hai una sezione commenti aperta sul tuo sito, allora devi gestirla. Devi gestirla bene. Devi dare risalto alle conversazioni di qualità. Devi rispondere in maniera puntuale e competente.

Serviva davvero un sondaggio o possiamo dire Premio G.A.C.?

Amarcord

Questo post di Enrico Mentana ha fatto il giro di un pezzo di Facebook. Ma se non l’hai letto, è il momento di farlo. Perché non parla solo di come nasce il Tg5, ma anche di come si parla ai telespettatori.

Quello che non avevamo previsto

C’è un pezzo di Mario Tedeschini Lalli da leggere su Repubblica.it e a proposito dei 20 anni di Repubblica.it. E di tutto quel che è successo e che probabilmente non si poteva prevedere. Le parole chiave delle possibili soluzioni? Nicchia, trasparenza, autorevolezza delle nicchie (e rassegnarsi a non arrivare per forza a tutti), contenuti durevoli nel tempo, comprensione della tecnologia.

Parole chiave che non riguardano solamente il giornalismo ma tutto l’ecosistema digitale.

Nella timeline di Repubblica che mostra il proprio volto dal 1997 a oggi si può fare una specie di viaggio nel tempo. Un po’ come quello che ti avevo proposto nel numero 133 di Wolf, pura archeologia del web.

Tedeschini Lalli, come al solito in maniera acuta e intellettualmente onesta, mostra la differenza fra quel che ci si immaginava e quel che invece non si pensava nemmeno lontanamente.

Eppure, viene da chiedersi se davvero i decisori – non i giornalisti – non si stessero rendendo conto dei processi di trasformazione delle notizie in commodity, del fatto che il modello di business si stava rompendo, del fatto che sempre più rapidamente le notizie lasciavano il posto alle curiosità e poi al clickbaiting.

Ora, però, ci sono un sacco di cose che possiamo prevedere e qualcuno – come Tedeschini Lalli – ha anche il foglio del come. Cioè, delle soluzioni che si possono adottare. Quando si comincerà a seguire la linea tracciata da chi fa proposte alternative a quel che, fino a questo momento, non ha fatto che peggiorare la crisi dell’editoria?

Le parole sono importanti

E bisognerebbe ricordarselo sempre. Ecco perché oggi Wolf ospita una presentazione di Parole O_Stili, curata da Pietro Moneta.