Cos’è successo nel frattempo

Raccogliere le conversazioni che si sono svolte, anche solo a titolo di segnalazioni, sul canale di Slack di Wolf e sul gruppo di conversazione di Facebook, in questo numero, ci permette di unire i puntini per tracciare un percorso che parte dall’Italia e finisce in questioni molto più grosse per poi tornare dalle nostre parti.

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Se il buongiorno si vede dal caffè

Massimo Gramellini passerebbe da Il buongiorno su La Stampa a Il Caffè sul Corriere della Sera. Sembrava che l’ormai ex vicedirettore de La Stampa fosse destinato anche a sbarcare su La7, ma stando a quanto dice Daria Bignardi resterebbe in forze alla Rai e non completerebbe, dunque, un accordo con il mondo-Cairo.

Del resto, in questi giorni si dice di tutto. Persino che Cairo potrebbe mettere in piedi un’edizione regionale del CorSera di stanza in quel di Torino (una volta che la fusione StamPubblica sarà completata potrebbe non essere un’idea peregrina) [via Milanofinanza].

La mossa è un colpo in stile calciomercato a sorpresa, di quelli che ti tolgono le bandiere e i punti di riferimento (un po’ come se Gianluigi Buffon dalla prossima stagione fosse il portiere della Roma, per capirci. O un po’ come Higuain che passa alla Juventus. E in effetti di calcio Cairo un po’ se ne intende e Gramellini è un tifoso granata). Ma per il giornalismo varrà quel che vale per il calcio in termini di trasferimenti?
Davvero, come suggerisce Milanofinanza, Gramellini vale 20mila copie/giorno da solo?

Vedremo. Ma se confrontiamo queste mosse con le storie che stiamo per vedere insieme, la sensazione di essere nella provincia provinciale dell’impero è fortissima.

Breaking news adios! Non si può essere generalisti

La progressiva trasformazione delle breaking news in commoditysostanze a basso costo ottenibili in grande quantità – fa una vittima tangibile.

La NBC ha deciso, infatti, di chiudere il proprio progetto Breaking News. La serie di Tweet con cui Cory Bergman lo annuncia è molto istruttiva.


«Siamo sostenitori delle news pensate non per il click ma per aiutare le persone e le aziende a prendere decisioni più intelligenti, più sicure», dice Bergman.

In altre parole, di giornalismo come servizio.

Solo che questo servizio, anche se di massa (quasi 10 milioni di follower su Twitter), non si sposa con il modello di business dell’advertising. E i soldi sono finiti.

È un ulteriore segnale di una tendenza che dovrebbe essere ormai molto chiara: non si può più essere generalisti (forse non si è mai potuto sul serio, da quando c’è una scelta operabile da parte di lettori / consumatori / spettatori. Le breaking news valgono sempre meno (anche quando sono fatte bene), perché c’è un sovraccarico informativo soverchiante. E se vuoi fare le breaking news fatte bene, non puoi aver a che fare con investitori pubblicitari (banalmente, anche perché le breaking sono generalmente associate a un sentimento negativo, che agli investitori non fa piacere. Ma soprattutto perché il pubblico che fruisce delle breaking news non è un pubblico sensibile ai messaggi pubblicitari.

Il meeting

Peter Thiel, co-fondatore di PayPal, nel board di Facebook, l’uomo di From Zero To One, il mandante dell’esecuzione di Gawker, l’unico uomo della Silicon Valley ad aver apertamente supportato Donald Trump durante la campagna elettorale – con una scommessa in controtendenza che ora paga, visto che dal mazzo è uscito il jolly – sarà il vero protagonista del meeting di domani, quando Donald Trump incontrerà alcuni dei protagonisti della Silicon Valley. Non concentriamoci sui presenti o sugli assenti. Concentriamoci sul fatto che, tanto per cominciare, Thiel è una delle due persone ad aver firmato l’invito ai suoi colleghi delle big company.

È la nuova scommessa di Thiel. Quella di sanare la frattura fra i suoi colleghi e Trump e di vedere cosa si potrà fare per mettere insieme il sogno di potere della Silicon Valley con quello dei Presidente eletto.

Anche perché non è detto che le due parti siano poi così distanti. Secondo Shiva Ramesh, per esempio,

«Trump incarna il lato peggiore della Silicon Valley – sfacciato e arrogante disgregatore che pensa che il mondo sia tutto sbagliato e che lui sia l’unico a sapere come cambiarlo in meglio».

Comunque sia, Thiel non poteva che rivestire questo ruolo di «ponte» fra due realtà che potrebbero riscoprirsi non troppo lontane. E nel caso scoppiasse la pace, cosa sarà delle accuse di monopolio che Trump aveva rivolto ad Amazon, per esempio? E come si concretizzeranno i rapporti fra l’amministrazione del Presidente e la Silicon Valley? Qualcuno ha qualche idea.

Zuckerberg e la tentazione politica

Business Insider, qualche giorno fa, ha scritto che Mark Zuckerberg sarebbe interessato a un incarico governativo. E visto che ha avuto il benestare dagli investitori (a Mark piace vincere facile) circa la possibilità di continuare ad avere il controllo di Facebook anche se dovesse vendere le sue azioni, l’ipotesi non sembra poi tanto peregrina. Mettiamola così: se uno volesse unire i puntini, penserebbe che la difesa d’ufficio che Zuckerberg aveva mosso nei confronti di Thiel fosse quantomeno interessata.

20 anni d’esperienza

Nel frattempo, Facebook – che è nato nel 2004 e ha dodici anni – oggi cerca un rappresentante per i rapporti con il giornalismo che abbia almeno vent’anni di esperienza nell’industria delle news. schermata-2016-12-12-alle-22-59-45

Interessante. Sembra quasi che a volte il passato sia il futuro. E che i continui appelli a Facebook per agire contro le fake news non faranno che accelerare quello che, invece, non ci si dovrebbe augurare. Ovvero, che Facebook diventi anche produttore di contenuti. Il che sarebbe un ulteriore colpo alla post-industria giornalistica. Forse letale (non per il giornalismo, che continuerà a sopravvivere, ma per i presunti colossi).

Dal basso

A volte, chissà perché, c’è qualcuno che mi dà la possibilità di pontificare un po’. Così, ecco che è stata pubblicata su Uomini e donne della comunicazione un’intervista al sottoscritto, nella quale continuo a sostenere che, data la situazione e il contesto, c’è una sola speranza per il giornalismo. Ed è quella che proviene da realtà indipendenti.

Intanto, da noi

La conversazione sull’opportunità o meno della sponsorizzazione di Facebook al Festival del Giornalismo di Perugia prosegue. Se Zuckerberg avrà davvero un incarico governativo negli States ci facciamo altre quattro risate (per poi finirla a tarallucci e vino, chiaramente).

Team Digitale

Dopo l’annuncio dei primi membri del team, tutto tace sul sito ufficiale del Team per la trasformazione Digitale. Ho scritto per avere informazioni a proposito delle tempistiche e di eventuali cambiamenti nel progetto ora che il governo è cambiato.