Convenienza specifica

Quando utilizziamo un qualsiasi strumento che ci offre oggi la tecnologia online, un servizio, una piattaforma, dobbiamo sempre farci una domanda molto importante: qual è la sua convenienza specifica (o convenienza propria). Se non la comprendiamo, finiremo per entrare in quel numero di persone che utilizzano male i servizi che hanno a disposizione. Che pensano che Google o Facebook siano enti di beneficenza in vena di offrire click facili per i nostri siti. Che si fanno abbindolare da consulenti più o meno abili nell’uso affabulatorio delle parole.

___STEADY_PAYWALL___

Se invece capiamo il concetto di convenienza specifica (o convenienza propria), facciamo un grosso passo avanti verso la comprensione dei servizi che ci accingiamo a usare.

La genesi di questo termine proviene da una conversazione avuta dal sottoscritto con un autore di Blogo.it, Mirko Nicolino, che – mentre gli esponevo alcune mie teorie sulla SEO – ha usato il termine convenienza specifica per la prima volta.

In un primo momento ho pensato di prendere quel termine e utilizzarlo per i miei corsi di formazione parlando di Google (e ne ho scritto qui, svelando i primi due fattori di posizionamento su un motore di ricerca). Quindi ho deciso di ampliarne l’applicazione e l’uso.

Definizione – Che cos’è la convenienza propria (o specifica)?

È l’interesse, il vantaggio, il tornaconto di qualcuno (persona, gruppo, azienda, servizio) nell’esercizio di una determinata attività o nel proprio funzionamento. Questo interesse è strettamente legato all’attività o al funzionamento ed è valido a prescindere dal profitto (economico o culturale o informativo o di qualsiasi altra natura) che si persegue come persona o gruppo o azienda.

Esempi: cominciamo con un esempio semplice, che fra l’altro consente di distinguere convenienza propria (o specifica) dal profitto.

La convenienza propria di un utente che fa una ricerca su Google è quella di trovare, nella pagina dei risultati offerta dal motore di ricerca (la SERP) una serie di risultati che rispondano esattamente alle proprie necessità. Il profitto di quell’utente sarà di tipo informativo:
se avrà trovato quel che cercava, avrà informazioni che prima non aveva.


La convenienza propria (o convenienza specifica) di Google è quella di offrire all’utente esattamente quel che cerca, affinché questo utente torni a utilizzare Google come servizio. Come motore di ricerca. Solo se Google continua a funzionare bene (meglio possibile), continuerà a mantenere il proprio monopolio di fatto. In altre parole, Google ha bisogno di massimizzare la propria funzionalità nei confronti dell’utente, di cui deve comprendere alla perfezione le esigenze. Ha bisogno di massimizzare il numero di contenuti pertinenti che mostra all’utente.

Quindi, Google offre risposte istantanee a domande “facili” (con il cosiddetto Google Knowledge Graph) e poi punta tutto sui siti “altri” da sé per offrire agli utenti quel che cercano. L’esempio più interessante che mi viene in mente – anche perché apre a grandi considerazioni teorico-pratiche sula SEO – è quello delle sedie ergonomiche (che ho citato e spiegato in uno dei pezzi di Wolf riservati agli abbonati).

Google è un servizio gratuito per l’utente che lo utilizza come motore di ricerca, ma è anche il principale volano di un’azienda privata che vuole realizzare profitto economico (prima quest’azienda si chiamava Google, oggi si chiama Alphabet, ma poco cambia). Se Google continua a funzionare bene come motore di ricerca, questa azienda continuerà a fare profitto. Non è che Google sia “felice” di far uscire l’utente fuori da sé (infatti, con il Google Knowledge Graph e con l’operazione fatta sulle immagini e con l’inserimento nelle SERP tradizionali – non in quelle video – dei soli video di YouTube ne ha data ampia dimostrazione). Il fatto è che “deve” farlo, per continuare a essere utilizzato dalla maggior parte degli utenti per le ricerche.

Capirle tutto questo aiuta a capire come implementare una strategia SEO sensata.

Visto che Google opera in regime di (quasi) monopolio fra i motori di ricerca, vale l’identità fra la convenienza specifica di Google e quella di un qualsiasi motore di ricerca. Cioè, varrà anche se e quando Google non ci sarà più.


La convenienza propria di Facebook è quella di tenere l’utente al proprio interno, quanto più possibile. Facebook, in altre parole, ha bisogno di massimizzare il tempo di permanenza su Facebook. Per farlo, conosce bene la propria natura di piattaforma di intrattenimento e tenta di offrire, attraverso l’algoritmo del News Feed e l’uso delle notifiche, un’esperienza utente che porti a ritornare spesso sul social. Non solo: per massimizzare il tempo di permanenza al proprio interno, Facebook fa in modo che l’algoritmo “premi” maggiormente tutto ciò che non porta l’utente fuori. Quindi: sì alle condivisioni testuali, sì alle foto, sì ai video caricati direttamente su Facebook, sì ai video in live streaming. Ma non mettere troppi link che vanno fuori, altrimenti l’algoritmo ti abbassa ancor di più la portata delle tue condivisioni (già alquanto sofferente).

Capirlo aiuta a capire perché Facebook non sia una piattaforma di distribuzione – e anche perché, verosimilmente, non sia un contesto ideale per le notizie approfondite ma sia, piuttosto, un servizio che può puntare su altro: intrattenimento, (auto)promozione, marketing, vendite e via dicendo.

In un certo senso, Facebook vuole diventare internet.

Il valore fondamentale di Facebook è l’enormità del database.

Il suo profitto deriva, ovviamente, dalla possibilità di monetizzare attraverso la pubblicità che vende (e invogliando ogni tipo di pubblicazione – giornalistica, aziendale, personale) a promuovere i propri contenuti che da tempo non hanno più la visibilità totale nei confronti dei propri fan. Per convincersene basta andare a vedere i numeri di like, reactions e condivisioni su pagine che hanno milioni di fan. La sorpresa è notevole.

La convenienza specifica di altri servizi di social network non coincide necessariamente con quella di Facebook.


L’immagine è di Nick Fewings su Unsplash