Consapevolezza e inquietudine

Consapevolezza. La parola chiave del pomeriggio passato in compagnia dei grandi del giornalismo internazionale, invitati a Torino da La Stampa per festeggiare il suo 150esimo anniversario (qui il «live» della giornata su Scribble) e per pensare al futuro proprio e di tutta la professione potrebbe essere proprio questa: consapevolezza.

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Consapevolezza della necessità di recuperare reputazione e fiducia nel pubblico; consapevolezza che per farlo bisogna tornare a proporre contenuti di alta qualità, verificati, scritti bene, usando tutti i mezzi che la tecnologia ci mette a disposizione, ma senza dimenticare la brillantezza che è solo dell’uomo, mica della macchina; e poi, consapevolezza che farlo per bene costa; che, proprio perché costa, non si può reggere su una economia come quella dei click e dell’advertising; che, proprio perché quell’economia è perdente bisogna convincere i lettori a pagare; e ancora, consapevolezza che Facebook e Google non sono per forza degli amiconi.

Insomma, apparentemente dentro l’happening organizzato da La Stampa c’è più o meno tutto quel che si dice da queste parti da quasi due anni. Eppure, andandomene dal luogo dell’evento — l’affascinante stamperia de La Stampa. con le rotative a un certo punto in funzione, veramente un gran posto — non sono riuscito a levarmi un senso di inquietudine, una paura latente, un senso di angoscia e preoccupazione per quello che ci aspetterà in futuro.

John Elkann, penultimo a intervenire insieme a Bezos prima di abbandonare il campo a un De Benedetti che ha lasciato tutto esattamente come ha trovato, alla domanda di Massimo Russo su come si rapportasse con il futuro ha risposto sorridendo: sono molto ottimista. È ammirevole, certamente, chi riesce a mantenere il sorriso e l’ottimismo di questi tempi, ed è una fortuna che, tra quelli che lo conservano, ci siano personaggi che con i loro patrimoni mantengono in piedi un settore che, privato di quei soldi, in queste condizioni affonderebbe in pochi mesi.

Eppure l’inquietudine resta. La paura non scende, per niente, anzi, sale a ripensarci.

Sul palco di via Arduino sono saliti in tanti. Tante teste, qualcuna ottima, qualche altra meno, ma oltre a un sano buon senso e delle belle parole che a furia di ripeterle sembrano pure un po’ banali, l’impressione resta quella: paura. Paura perché tutte queste cose le sappiamo da anni, eppure restano parole dette e ridette ai meeting, ma difficilmente diventano pratica, soprattutto in Italia.