Come sopravvivere all’apocalisse zombie della reach (parte prima)

Partiamo da un presupposto. La reach apocalypse non esiste. Non esiste come è stata raccontata, non esiste per «colpa di Facebook» che non vuole che i tuoi contenuti abbiano visibilità organica.

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Nel numero 262 di Wolf abbiamo già risposto alla domanda «è vero che Facebook di recente sta distruggendo la portata organica dei post». Mafe ha ribadito la questione nel numero 282 con un pezzo dal titolo Naturale, Watson.

Attenzione. Questo non significa in alcun modo che sia facile raggiungere organicamente il proprio pubblico attraverso Facebook. Non lo è per tutta una serie di motivi. Fra questi motivi c’è il proliferare dei contenuti. La questione è semplice: se ci sono più di 3 milioni di contenuti pubblicati ogni 60 secondi e se questo numero si incrementa continuamente, mese dopo mese, come dovresti fare, esattamente, a vedere intatta la portata organica dei tuoi post?

C’è una cosa vera, insomma: è difficile attirare l’attenzione in maniera naturale con i tuoi post su Facebook. E lo sarà su qualsiasi piattaforma che abbia un algoritmo. D’altra parte, se non avesse un algoritmo basato sugli interessi delle persone ma fosse tutto in ordine cronologico, il tempo di vita di un post sarebbe ancora più basso e saremmo daccapo. Anzi, sarebbe peggio. È la conseguenza naturale della proliferazione dei contenuti, non è un’apocalisse, insomma. Ma a te potrebbe sembrare tale.

Partiamo da qui e dal piano editoriale suggerito da Mafe per elaborare una strategia e una serie di tecniche per «sopravvivere alla reach apocalypse» (e magari per portarci avanti qualora Facebook dovesse creare un feed senza post dei brand e relegare quei post a parte).

Il punto di partenza va ripetuto a costo di farci venire la nausea: bisogna aggregare un pubblico interessato ai nostri contenuti, un pubblico che abbia voglia di interagire con i contenuti stessi, che ami commentarli o ricondividerli. Questo è il punto fondamentale del piano strategico nell’uso di Facebook (ma vale anche per altre piattaforme di social network. Vale un po’ per tutto ciò che ha a che fare con i contenuti).

Abbiamo già detto abbondantemente del concetto di verticalità, quindi non mi soffermerò ulteriormente su quello, se non per ricordarti che già ad agosto del 2016 suggerivamo di aprire pagine verticali di nicchia su Facebook per aumentare la portata organica.

Da qualche giorno gira molto questo pezzo di Simon Galperin che contiene, in effetti, una serie di suggerimenti molto utili. Partiamo da quello che abbiamo sviluppato anche su Wolf, anche perché è uno dei consigli che ti daremmo.

Crea e anima un gruppo su Facebook

Da quando, a giugno dello scorso anno, Facebook ha reso palese la possibilità di collegare un gruppo a una pagina, è nei gruppi che si trovano le conversazioni più interessanti (accadeva già prima, a dire il vero, ma senza il collegamento diretto con la pagina il gruppo non beneficiava di quel punto d’ingresso del funnel).

Come dev’essere fatto un gruppo?

Facebook ti consente di scegliere diverse tipologie di gruppo (pubblico, chiuso, chiuso e segreto). Io ti consiglio il gruppo chiuso. Le motivazioni:

  • ti consente una «selezione all’ingresso»
  • le persone che entrano devono far domanda o essere invitate da chi fa già parte del gruppo
  • il livello della conversazione di solito si mantiene elevato, se non altro per un fattore psicologico.

Chi ci devi invitare?

Persone realmente interessate, che sanno di cosa si parla, che ti abbiano espresso il desiderio di farne parte. Nel caso di Wolf, abbiamo invitato progressivamente gli abbonati e persone che possono essere interessate agli argomenti di discussione. Avrebbe potuto essere limitato ai soli abbonati, ma per quello c’è il forum, anche se per il momento, per questioni di massa critica e di animazione del medesimo, è ancora un elemento del nostro progetto che arranca. Per carità, non invitare persone a caso. È inutile, controproducente, dannoso.

Come devi animare il gruppo?

La verità è che se cresce in maniera naturale con il tuo progetto, piano piano si animerà da solo. Ci saranno interazioni, domande, interventi, segnalazioni, conversazioni costruttive. Chiaramente devi avere un piano d’azione e un piano editoriale (fluido) anche per il gruppo. Nel caso di Wolf è semplice: ci sono una serie di contenuti «obbligatori» che sono i tre post che annunciano il numero del martedì, del mercoledì, del giovedì. Ci sono le comunicazioni di servizio. Ci sono le risposte da dare a chi fa domande. Ci sono, poi, le segnalazioni di contenuti che si trovano prodotti da altri che ci sembrano di interesse per il gruppo. E poi, naturalmente, arrivano le condivisioni impreviste, quelle della comunità.

Fai una policy, o perlomeno delle «regole di ingaggio»

Avere delle regole aiuta ad orientarsi e a capire dove ci si trova e come ci si deve comportare: ci sono comportamenti che da qualche parte sono tollerabili e da altre parti no. Perché non metterli nero su bianco? È vero, su questo in Wolf siamo carenti, non le abbiamo mai messe a punto. Ma ci arriveremo. Qui c’è una prima bozza di policy che dovrebbe riguardare non solo Wolf ma anche tutti i gruppi gestiti da Slow News come progetto editoriale:

  • questa è una comunità di persone che hanno alcuni interessi comuni
  • questo è un gruppo di conversazione
  • questo è un punto di contatto per Wolf, che è anche un progetto editoriale per abbonati paganti
  • le domande e le risposte sono il cuore della vita della comunità
  • non si litiga, ci si confronta
  • non si pubblicano offerte commerciali (a meno che non possano essere utili, verificando con gli admin)
  • non si fanno polemiche, si costruiscono conversazioni
  • non si usa il gruppo per autopromozione o per promuovere amici o conoscenti (a meno che questo non sia concordato con gli admin)
  • non si urla, si rispettano tutti
  • si condivide la conoscenza
  • se si fanno proposte di lavoro vanno esplicitate nei dettagli
  • gli amministratori possono ammonire ed espellere, ma devono fornire una spiegazione alla comunità
  • gli amministratori accettano le iscrizioni nel gruppo a discrezione. Possono partecipare tutti gli interessati alle tematiche di conversazione (anche se non abbonati paganti a Wolf), nel rispetto delle poche regole di questa comunità

Che ne pensi? Come tutte le cose che ruotano intorno a Wolf puoi esprimere il tuo parere e aiutarci a migliorarla.

A cos’altro devi pensare?

A tutta una serie di cose che posso proporti come una specie di «checklist» tratta parzialmente dalla nostra esperienza diretta e da questo documento che si chiama How to Create Your Community

  • qual è la missione del gruppo?
  • qual è la funzione del gruppo?
  • quali sono i criteri  per misurare l’effiacia di quel che stai facendo sul gruppo
  • quali sono i benefici di chi partecipa alla conversazione?
  • di quali risorse hai bisogno per mantenere la conversazione di livello?
  • quali sono gli approcci al gruppo da incoraggiare?
  • e quali, invece, quelli da scoraggiare?
  • come puoi «premiare» la partecipazione attiva delle persone?
  • quali sono le vulnerabilità del gruppo?
  • come ti prepari a un eventuale «flame»?
  • come si viene a conoscenza del gruppo?
  • qual è il «funnel» di conversione?
  • come accogli i nuovi arrivati?
  • come incoraggi la partecipazione di tutti?

Ma vale solo per Facebook?

Ecco. Hai scoperto il trucco! Certo che no, vale per l’aggregazione di una comunità intorno al tuo progetto. Certo, su Facebook, siccome c’è questo problemino dei contenuti soverchianti, se riesci ad avere una conversazione di valore nel gruppo vuol dire che avrai tutta una serie di benefici: persone contente, persone che parleranno con te, di te, che ti daranno spunti, che ti aiuteranno a migliorare. Consoliderai il tuo pubblico e sul medio-lungo periodo potrai fregartene dell’apocalisse. Fino a quando non arriverà la prossima piattaforma. Sulla quale dovrai semplicemente ricominciare da capo!