Chiedere per progettare

Una delle attività che, personalmente, amo di più nella fase di progettazione di un prodotto è quella che prevede il coinvolgimento del pubblico in maniera non astratta.

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Sappiamo tutti che il mantra che ci sentiamo ripetere ossessivamente (per fortuna è un mantra sensato) è che la prima cosa da fare è sempre e comunque individuare il target. È una parola che non mi piace, così come non mi piace disruption, perché significa bersaglio. E se hit the target è un’espressione che si sente usare ampiamente, anche nella letteratura specialistica – a volte, in italiano, la trovi proprio tradotta come “colpire il bersaglio” – be’, poco importa. Qui, esattamente come ci siamo liberati una volta per tutte della parola utente, dobbiamo sforzarci di usare parole che ci ricordino cosa vuol dire avere a che fare con un pubblico. Cioè, con delle persone.

Con il metodo Ask abbiamo raccontato, a suo tempo, una modalità per estrarre informazioni da un pubblico “caldo”, già interessato al tuo prodotto, lasciando a quel pubblico la possibilità di lasciare, come prima cosa, una risposta aperta, nella quale si può dire tutto quello che si vuole.

Funziona, se il sondaggio proposto e il pubblico a cui lo si propone sono rispettivamente progettato e scelto bene. Ma non è un mantra.

In generale, suggerisco un approccio duplice a questo tipo di progettazione.

Il primo è quello del sondaggio preliminare, appunto. Che puoi erogare magari via mail a un database di indirizzi scelto, oppure via Facebook (con una campagna di lead) oppure con un tool per i sondaggi come Typeform o anche in tutti questi modi insieme e altri che puoi inventarti e riadattare, appunto, al tuo pubblico.

L’obiettivo di questo sondaggio preliminare dovrebbe essere quello di estrarre una serie di informazioni dal tuo pubblico. Non solo quantitative, ma anche qualitative rispetto al prodotto che vuoi proporre. Sul tipo di domande da inserire nei sondaggi potremmo aprire dibattiti che probabilmente presto si tradurrebbero in guerre di religione.

In questo documento di critica alla scala Likert (quella tipica, che va da 1 a 5 oppure a molto in disaccordo a molto d’accordo) si scoraggia fortemente l’uso della votazione da 1 a 5 o da 1 a 7, perché i risultati sono meno stabili delle risposte binarie (sì-no), perché potrebbero soffrire del bias di risposta e perché potrebbero portare a risultati “normalizzati”. Inoltre, l’ordine delle domande potrebbe influenzare le risposte ed è molto difficile progettare il sondaggio in maniera neutra.

Per questo motivo, i miei suggerimenti in merito dopo un po’ di sperimentazioni empiriche sono:

  • scegli bene il pubblico
  • ricordati che i dati che otterrai sono un supporto per le scelte che devi fare
  • diversifica le domande, scegliendo in prevalenza
    • uso delle domande che prevedono risposte binarie (sì/no)
    • uso delle domande che prevedono una votazione da 1 a 4 (anziché da 1 a o da 0 a 9 o da 1 a 7)
    • uso di domande aperte
    • uso di domande “a matrice”
  • dopo che hai fatto un primo sondaggio “a distanza”, incontra un po’ di persone dal vivo
  • proponi a queste persone il prodotto, in maniera concisa
  • falli parlare, ascoltali, prendi nota di tutto
  • sottoponi loro un secondo sondaggio, dopo che li hai incontrati dal vivo
  • incrocia i dati dei due sondaggi

Il sondaggio di Instagram

Le piattaforme spesso fanno sondaggi fra i loro utilizzatori. Dopo che qualcosa non ha funzionato con l’algoritmo di Instagram nei primi giorni del 2019, dal profilo Twitter della piattaforma è stata pubblicata una concatenazione di Tweet in merito.

Un giorno dopo ho ricevuto sul mio Instagram la richiesta di partecipare a un sondaggio. Naturalmente ho accettato: lo faccio sempre, per vedere come fanno. Partiamo da un presupposto: Instagram (e Facebook) sa talmente tante cose di me che può concentrarsi solo su domande che riguardano il mio approccio al prodotto.

Questa era la prima.

Prima di tutto, si tratta di una scala Likert classica da 1 a 5 ma in forma testuale, con affermazioni verso le quali bisogna esprimere accordo o disaccordo o neutralità. Sicuramente c’è un problema di traduzione e di contenuto. La domanda in questione mi ha sorpreso e la trovo senza senso e ambigua. Quindi ho risposto “Né d’accordo né in disaccordo”. Se penso alle persone che amo, la maggior parte di queste persone non ha un account Instagram. Quindi non dovrei essere per niente d’accordo. Ma io non uso Instagram per essere avvicinato alle persone che amo. E a volte scopro cose che mi interessano su Instagram. Insomma, ci siamo capiti. E spero sia chiaro anche perché questo tipo di domanda non aiuta.

Poi c’era un «Instagram mi avvicina ai miei interessi». In realtà sono in disaccordo. Sono io che vado a cercarmeli. Ma ammetto che può essere uno strumento utile per scoprire cose. Quindi anche qui: neutro.

Le altre domande soffrono ancor di più della traduzione e probabilmente anche dei pregiudizi di chi ha preparato il sondaggio. Per esempio, mi si chiede quanto è “divertente” usare le Stories. Siamo sicuri che “divertente” sia la parola giusta?

Seguono poi una serie di domande più mirate circa il livello di controllo che penso di avere sul mio feed, la quantità di inserzioni (se la percepisco troppo invasiva), e infine due domande che personalmente, ho trovato kitsch, presuntuose e totalmente in antitesi con il principio “show don’t tell” che, personalmente, userei anche nella progettazione di un sondaggio. Queste due.

Alla prima domanda si può arrivare in maniera alternativa, chiedendomi, per esempio, se ho la sensazione che le mie esigenze siano soddisfatte dalla piattaforma (come posso esprimere un parere in generale sugli “utenti”). La seconda penso che non meriti altro che un sorriso e un bagno di realismo.