Auguri Adriano

È vero che possiamo lavorare per aggregare comunità attraverso i contenuti, intorno a un progetto. È vero anche che possiamo partecipare concretamente alla grande avventura della nostra contemporaneità, la digitalizzazione del mondo. Questo significa che da qualche parte, lì in mezzo fra l’aggregazione e la digitalizzazione, c’è spazio la comunità concreta di Adriano Olivetti? Significa che continua a esistere, che rimane tale anche nella vita ultraconnessa, quella comunità concreta?

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Olivetti la chiamava proprio così, concreta, probabilmente perché era stufo di sentirsi dare dell’utopista e del sognatore.

Del resto,  era un uomo del fare: produceva strumenti, meccanica di precisione. Aveva soldi, potere, idee, persone, visioni, progetti. Eppure il 27 febbraio del 1960, con lui, si è spento tutto.

Adriano ha fallito? Se sì, perché? Intendiamoci, intanto, sul senso di «aver fallito».

Sul piano industriale, con lui vivo, la sua Olivetti ha prosperato dominando indiscussa i mercati di tutto il mondo. Già questo autorizzerebbe a non parlare di fallimento in senso stretto.

Eppure in qualche modo Adriano ha fallito almeno in due direzioni (la prima che si era posto come obiettivo, la seconda che doveva pur essere un onbiettivo naturale).

  • non è riuscito a cambiare l’Italia né la sua Costituzione (a questo ambiva: L’ordine politico delle comunità, la sua opera principale, è una Costituzione vera e propria, basata, appunto, sulla persona umana e sulla comunità concreta);
  • non è riuscito a blindare l’impresa Olivetti con una discendenza che garantisse una continuità di visione e di gestione

Perché è successo? Metto in fila le mie considerazioni, perché non posso dare una risposta secca o una motivazione puntuale: spero siano uno spunto per pensare e farsi un’idea un po’ più vicina a quello che avrebbe dovuto essere il mondo di Adriano Olivetti. E per fallire meno, o meglio.

1) Motivazione etico-estetica

Le persone non convengono, non si accordano sulla soluzione migliore solo perché da un punto di vista etico-estetico si presenta come la soluzione migliore. Questo è paradossale, perché proprio l’etica e l’estetica sono alla base del successo industriale della Olivetti, alla pari della piena valorizzazione del talento e della professionalità di chi in fabbrica ci lavora.

Ecco cosa penso: mentre a Ivrea e a Pozzuoli Adriano è in pieno controllo del contesto e riesce a (far) imporre la soluzione migliore, in campo nazionale non ha un vero perimetro di agibilità politica. Non è lui – e non è nemmeno l’idea di comunità – l’attrattore che può magnetizzare l’evoluzione del sistema Italia.

E qui ci leghiamo al secondo spunto.

2) Motivazione storica

Ipotizziamo per semplicità che l’idea federale comunitaria di Olivetti fosse il miglior scenario politico possibile per il nostro paese. Anche così non basta, non è il momento. Anche l’idea più perfetta deve trovare il timing giusto. Qualsiasi manuale di produttività può confermarlo: l’Italia degli anni ’50 non è minimamente pronta ad incarnare l’idea di Olivetti. Gli ostacoli sono enormi: la sinistra e i sindacati non sono pronti per partecipare alla direzione delle fabbriche.

Olivetti lo aveva loro proposto sin dal 1946, appena usciti dal conflitto e ancora con gli sten e i parabellum sotto i letti e nelle cantine. Non solo: non è pronta la classe dirigente, che ignora disprezza e addirittura gufa Olivetti e la sue fabbriche impossibili (se il modello Olivetti fallisce, alla Fiat e in Confindustria, cui Adriano non ha mai preso parte, se ne faranno una ragione). Non sono pronti nemmeno i Partiti, che nell’Ordine Politico olivettiano sono aboliti. Non sono pronti nemmeno gli operai delle altre fabbriche, scettici sulla percorribilità di un modello tanto estraneo al loro vissuto.

3) Motivazione effimero-paradossale

I conti si fanno alla fine, chi ha detto che la partita è chiusa? Il marchio, la fabbrica e il know-how se ne sono andati. Ma le idee di Adriano Olivetti hanno influenzato e continuano a influenzare una minoranza significativa di uomini e di donne tuttora impegnati nella decifrazione del senso del mondo. Il timing delle idee, il loro kairos, sono sopravvissute al loro ideatore.

Auguri Adriano, le tue idee sono ancora giovani, hanno tutto il tempo per fallire meglio.