Ask: il metodo dei sondaggi, in pratica

Stimolati da una breve conversazione nel gruppo di Wolf – e da alcuni temi che ci portiamo dietro da tempo – abbiamo applicato alcune delle metodologie teoriche che suggeriamo al redesign del nostro progetto È utile allora esplicitare ciò che abbiamo fatto, mostrare alcuni risultati e usare questo esempio come caso di studio per attività analoghe.

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Primo: chiedi. Ecco come

È inutile parlare di ascolto del cliente, delle persone, dei lettori se non si mettono in pratica metodologie per ascoltare veramente.
Queste metodologie si dividono sostanzialmente in due parti:

  • l’ascolto quotidiano che in parte è anche customer care. Per questo tipo di ascolto è necessario avere dei contenitori ad hoc. Per esempio, Wolf ha il suo gruppo su Facebook. Ma è necessario anche sapere che qualunque punto di contatto tu offra alle persone – la tua mail personale disponibile su un altro sito, il Messenger di Facebook, la mail info – verrà utilizzato, perché le persone preferiscono utilizzare ciò che le mette a loro agio. Quindi, se qualcuno è a disagio nell’utilizzare un gruppo pubblico o una chat, se quel qualcuno vorrà contattarti su WhatsApp in privato, andrà a finire che, in alcuni casi, troverà il modo di mandarti un WhatsApp privato. E per quanto questa cosa possa sembrarti strana questa cosa, per quanto tu abbia progettato alla perfezione il tuo customer journey, avrai a che fare, in piccole percentuali, anche con questo tipo di richieste. Se imposti il tuo progetto, la tua attività, la comunicazione dei tuoi clienti, il loro lavoro in modo da far sentire le persone ascoltate, minimizza i punti di contatto espliciti per poter garantire miglior ascolto. E preparati all’imprevisto. Non è necessario rispondere in pochi minuti, è importante rispondere.
    • l’ascolto quotidiano su eventi puntuali: è una sottospecie del precedente e qui bisogna definire dei momenti chiave e procedure per quei momenti chiave. Per esempio, un momento chiave può essere l’ingresso all’interno di una community. Oppure l’abbandono. Tutte le volte che qualcuno disdice un abbonamento, cerchiamo di contattarlo personalmente per conoscerne le motivazioni. E le annotiamo, per avere un quadro chiaro della percezione dei nostri clienti. Ci fidiamo? Certo. Se costruisci un rapporto basato sulla fiducia e sull’ascolto, non puoi fare diversamente. In effetti, se qualcuno si prende la briga di darti delle risposte puntuali a una mail, non si metterà a mentire. Chiaramente devi fare i conti anche con risposte sbrigative e poco soddisfacenti. Può far parte del gioco.
  • l’ascolto di lungo periodo: il lavoro della progettazione e del servizio al cliente non finisce mai, è un percorso ricorsivo che prevede di definire procedure che si reiterano. Per esempio, il sondaggio che abbiamo fatto per Wolf nasce proprio in quest’ottica. Abbiamo una metrica che indica la soddisfazione del pubblico (data dal fatto che il numero degli abbonati resta stabile o cresce lievemente, fra fuoriuscite fisiologiche e nuovi acquisti). Ma il pubblico va ascoltato. E dunque, ecco il sondaggio.

Quando abbiamo a che fare con una community di persone che pensiamo di conoscere bene, con una community molto fedele, ha senso provare a ottenere da queste persone qualcosa di più di una semplice serie di dati numerici. Ecco perché il suggerimento, in questo caso, è quello di chiedere usando il metodo ASK. Puoi verificarlo tu stesso guardando com’è fatto il nostro sondaggio.

La domanda aperta – Il che significa che la prima è una domanda aperta.
Ci aspettiamo che questo generi un filtro all’ingresso: non tutti vorranno rispondere. Il tasso di risposta atteso è più basso di quello che avremmo se il sondaggio fosse fatto solo di risposte chiuse e facili. Ma la qualità delle risposte che otteniamo sarà molto più alta. Ecco perché, dopo averlo spiegato nelle sue motivazioni, la prima domanda del sondaggio di Wolf è «Che cosa pensi, genericamente, di Wolf?».

Vale per tutto. Se sei uno studio di commercialisti puoi chiedere a dei clienti potenziali: «Che cosa avresti sempre voluto dal tuo commercialista e non hai mai avuto?»
Potresti chiedere ai tuoi clienti attuali: «Che cosa pensi del mondo in cui riforniamo la tua attività?»
Dipende da caso a caso.

È importante non renderla obbligatoria: nessuna delle domande ha la risposta obbligatoria.

Un buon mix – Le domande successive sono un misto fra chiuse e aperte.
Le accompagniamo anche con un po’ di umanità, non è necessario che un sondaggio sia rigido e burocratico: vogliamo che le persone che rispondono si sentano a loro agio.

La matrice – Utilizziamo la matrice 1-4 per far votare i singoli elementi che ci interessano, se abbiamo dei servizi da far valutare. La matrice è un ottimo strumento di valutazione.
La scelta ricade sulla scala da 1 a 4 anziché sulla scala da 1 a 5, perché nella scala da 1 a 5 si tende a concentrare la risposta sulla media, 3.
Una scala 1-10 invece, complica troppo la matrice, rendendola enorme e scoraggiante.
Abbiamo fatto un errore nella scrittura della domanda: non abbiamo specificato se 1 = voto basso e 4 = voto alto, dando per scontato l’ordine crescente. Qualcuno ce l’ha fatto notare e in effetti bisognerebbe specificarlo e evitare di dare le cose per scontate.
C’è anche una ripetizione di argomenti (la “monetizzazione” c’è due volte). Anche in questo caso, non abbiamo modificato il sondaggio una volta pubblicato ed esposto (in generale, anche se in questo caso non era affatto voluto, nascondere qualche ripetizione in modo un po’ più raffinato può essere utile per verificare coerenza e bontà delle risposte).

Domande che puoi verificare – Puoi inserire – è un’ottima idea – domande che tu poi possa verificare con i dati che hai a disposizione. Per esempio, abbiamo inserito una domanda rispetto alla frequenza di lettura di Wolf, che possiamo confrontare con il tasso di apertura che ci dà Mailchimp, lo strumento con cui inviamo la newsletter.

ALtre domande – Le altre eventuali domande aperte devono essere semplici e non richiedere per forza risposte articolate, e avere l’obiettivo di ottenere dalle persone qualcosa che vada oltre la valutazione del servizio. Ti hanno detto cosa pensano di te, hanno messo i numeri, ora vediamo se possiamo farci dire che cosa vorrebbero ancora che non trovano. Per esempio: Di quali argomenti vorresti che si occupasse Wolf?

Questo tipo di sondaggi di solito non ha come scopo la “lead generation” o l’identificazione del contatto che ha lasciato le risposte. Ragion per cui non rendiamo obbligatoria la risposta alla domanda “identificativa”, «Dicci chi sei (se vuoi)», che viene dopo «Hai qualche altro suggerimento?».

Secondo: ascolta (e reitera la richiesta). Ecco come

Mentre raccogli i dati, varrà la pena di proporre più volte il sondaggio, perché non conosci i motivi che hanno spinto le persone a non rispondere. Magari si tratta di mancanza di tempo, di pigrizia, magari non hanno letto la “call to action”: non è detto che se non ti rispondono la prima volta sia perché non vogliono proprio saperne. In generale, cerca di non farti pregiudizi rispetto alle motivazioni di azioni che avvengono al di là dello schermo.

Vedrai subito che, a parte le matrici, i dati non sono facili da leggere perché ti richiedono una buona dose di empatia, comprensione delle motivazioni dell’altro, e perché le risposte sono tutte diverse le une dalle altre.

Una scala anche per le risposte aperte – Suggerisco di dividerle in una scala da 1 a 4, dove 1 rappresenta una risposta completamente negativa, 2 contiene più negatività che positività, 3 contiene più positività che negatività – 4 rappresenta una risposta completamente positiva. Così hai una divisione un po’ più chiara. Mentre fai questa catalogazione resisti alla tentazione di giudicare e di analizzare: lo farai dopo.

Mappa di concetti – Per le risposte aperte è utile farti una mappa delle parole o dei concetti che ricorrono di più.
Strumenti come Surveymonkey hanno, a pagamento, funzionalità come le tag cloud. In casi di numeri sostanziosi, è importante poterli usare. Anche se qui sosteniamo tantissimo l’importanza di farlo a mano.

Terzo: analizza

Adesso è il momento di analizzare.
Significa capire se la valutazione è in linea di massima positiva o negativa, tanto per cominciare.

Possiamo dirti che delle 25 risposte aperte arrivate a Wolf, 22 le abbiamo catalogate come positive (voto 4 su 4), 2 come positiva con negatività (voto 3 su 4) e una come negativa con positività (voto 2 su 4). È un dato che ci fa molto felici, ovviamente. Ma l’obiettivo è migliorare.

In maniera neutra, cerca di valutare bene quali sono gli elementi espliciti di positività: l’utilità, l’interesse, i contenuti, la relazionalità, i link proposti, lo sguardo fuori dal coro, la corrispondenza fra il valore offerto e la cifra chiesta, per esempio, sono alcuni degli elementi emersi rispetto a Wolf. Anche nelle recensioni positive ci sono comunque spunti per capire che cosa viene apprezzato.

Allo stesso modo, quelli di criticità, che nel nostro caso sono pochi, ma di cui dobbiamo far tesoro. Di solito io parto da qui. Le recensioni positive le valuto dopo. Le criticità che emergono sono: poca chiarezza nelle uscite che saltano (vero), da migliorare l’uso del gruppo (vero), l’autoreferenzialità (è una cosa che in effetti ci dà da pensare. Perché qui viene molto naturale fare contenuti come questo, in cui mettiamo le mani in pasta e al tempo stesso proviamo a offrire un metodo, ma a partire da casi che ci riguardano personalmente, perché sappiamo cos’ha funzionato, cosa no, cosa abbiamo fatto. È un concetto che dobbiamo valutare molto bene) e, in un caso, un dubbio – più che legittimo – sull’utilità del prodotto.

Le recensioni negative vanno prese e “esplose”: vuol dire che devi recuperare tutte le risposte del rispondente e cercare di capire se, dalle altre risposte, emerge un effettivo disagio rispetto al prodotto o servizio e se c’è qualcosa che puoi fare per migliorarlo. In alcuni casi – è bene saperlo – non c’è niente da fare.

Sugli altri elementi, quelli più semplici, mi soffermo poco.

Per interesse di gruppo, segnalo che una delle cose su cui i rispondenti sono molto chiari è la risposta alla frequenza di uscita. Il 44% si accontenterebbe di una. Il 44% di due. Il 3% ne chiede 3.

La nostra fase di analisi è ancora in corso, naturalmente. Anche perché c’è il capitolo dei servizi che vorresti: una cosa fondamentale da chiedere, sempre.

Fra il terzo e il quartochiedi ancora, dal vivo

Nel tempo, sono diventato un grande sostenitore degli incontri dal vivo (o almeno in streaming, se dal vivo non si può). Il gruppo selezionato di persone che partecipano a questo incontro (si può selezionare in molti modi diversi) ti darà, se ti predisponi all’ascolto, una quantità di informazioni ulteriori semplicemente impagabili. È molto utile farlo dopo che aver analizzato le risposte dal questionario.
Non è un focus group in senso stretto, va condotto in maniera empatica e ponendosi in modalità di ascolto.

Quarto: applica (e poi chiedi)

Questo è il momento cruciale. Forse è anche il più difficile.

Una volta che hai chiesto (e eventualmente chiesto una seconda volta) e analizzato i risultati di quel che ti è stato detto, anche se quel che ti è stato detto non ti piace o ti spaventa, devi trovare il modo di applicarlo. Cioè, devi agire.

Per esempio, è evidente che – nonostante le mie personali resistenze sul tema, puramente ideologiche, lo ammetto – la promessa delle tre uscite a settimana è un boomerang: da un lato, quando non si mantiene per ragioni fisiologiche, diventa frustrante per qualcuno. Dall’altro, allo stesso tempo, genera sovraccarico. È chiaro che per progettare al meglio la transizione dobbiamo essere molto sicuri di quel che facciamo. I 25 votanti sono il 15% degli abbonati a Wolf. Ovviamente, se vuoi puoi ancora dire la tua. A giudicare da quel che ci viene scritto e dai dati, una cosa che dovrebbe funzionare bene è la diluizione a 2 uscite a settimana, incrementando al tempo stesso le interazioni relazionali sul gruppo di conversazione.

Prenditi il tempo che ci vuole, non è il caso di fare cambiamenti drastici e radicali da un giorno all’altro. Ma provali. E dopo che li hai provati, chiedi. A quel punto basterà anche una domanda semplice, dopo un po’ che il cambiamento sarà entrato a regime.

(AP)